REDAZIONE RAVENNA

Cane senza un rene, nei guai un allevamento

A processo per falsità ideologica e truffa sul pedigree i titolari che hanno venduto il cucciolo malato e di incerta provenienza

A pochi mesi dall’acquisto in un blasonato allevamento ravennate, il padrone aveva scoperto che a quel cucciolo di bouledogue francese mancava un rene. Solo il primo tassello di un mosaico investigativo che ha finito per inguaiare la responsabile della struttura e il compagno: nel processo entrato nel vivo mercoledì scorso davanti al giudice Tommaso Paone, la donna deve rispondere da sola di falsità ideologica e induzione in errore dei funzionari Enci, l’ente nazionale cinofilia italiana. E, in concorso con il co-imputato, di truffa legata al pedigree dell’animale, esemplare pagato 1.400 euro ma – per l’incertezza emersa sulla paternità – allo stato solo un meticcio. Certo, al tuo cane continui a volere bene sempre e comunque: tanto che i padroni della bestiola lo stanno accudendo con tutte le premure del caso tra terapie farmacologiche ad hoc e programmi alimentari adeguati. Il problema nasce dal fatto che se ti rivolgi a un allevamento e paghi i prezzi di mercato per la razza che stai cercando, hai diritto di ottenere esattamente ciò che ti certificano attraverso il Roi, registro delle origini italiane. E si torna qui al cucciolo in questione, acquistato nel novembre 2016. Dopo pochi mesi l’animale aveva manifestato problemi di salute: al veterinario era bastata una ecografia per capire che mancava un rene. E se questo non fosse accaduto, probabilmente mai sarebbe emerso il seguito: ovvero che la paternità della bestiola è incerta: eppure per potere rilasciare un pedigree, questo è un fattore fondamentale. Di fatto il padrone del cucciolo si era rivolto all’allevamento, anche tramite lettera raccomandata dell’aprile 2017, per riferire di quella patologia congenita. La risposta deve avere lasciato più di una perplessità tanto che nella questione era stato coinvolto l’Enci il quale aveva sollecitato un riscontro sul Dna. Ed ecco la sorpresa: lo stallone dichiarato sul pedigree – così come in gergo viene indicato il maschio – non era quello giusto. A quel punto i carabinieri forestali – nell’ambito di una indagine coordinata dal pm Angela Scorza – avevano perquisito l’allevamento: nel freezer c’erano due fattrici (in gergo l’analogo femminile degli stalloni) morte dopo il parto (circostanza non oggetto del presente vaglio penale) ma soprattutto era stato individuato un bouledogue con certificato slovacco e microchip estraneo alla comunità europea. Tra le ipotesi balenate agli inquirenti, pure quella che il cucciolo senza un rene potesse essere figlio di uno dei cani giunti dalla Slovacchia. Non così secondo i diretti interessati per i quali era invece accaduto solo un imprevisto: durante l’accoppiamento, la fattrice era riuscita ad allontanarsi per intrattenersi con un altro maschio. Una situazione tuttavia di difficile applicazione, secondo l’accusa, per l’allevamento ravennate dove le recinzioni, alte oltre un metro, rappresentano invalicabili bastioni per animaletti come i bouledogue. Inoltre l’accoppiamento per questo tipo di cani è complesso e lungo (fino a 20 minuti): come tale, mal si presta a rapporti occasionali da breve fuga. In ogni modo, la sentenza è attesa per ottobre. In quanto all’allevamento, come specificato in aula dal direttore dell’Enci, in attesa della decisione del giudice non sono scattati provvedimenti disciplinari.

Andrea Colombari