Chiedevano il pizzo, in carcere la banda Rom

Quindici arresti a Vicenza. Secondo l’accusa famiglie residenti a Ravenna minacciavano di morte i connazionali per imporre la loro legge

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"Vi manderò all’inferno tutti quanti, non ne lascerò nemmeno uno". E ancora: "Ragazzi, non dimenticate che vi ho sottoposto alla mia padronanza....oppure pagheremo per bruciarvi nel crematorio e buttarvi in mare". Il tenore dei messaggi era questo, in certi casi anche più cruento e le minacce di morte venivano estese anche ai bambini". A proferirle erano – secondo l’accusa – i componenti di un’organizzazione criminale di cittadini di etnia Rom, appartenenti a clan della città rumena di Lugoj e domiciliati in gran parte a Ravenna e alcuni a Rosà, zona di Bassano del Grappa, i quali avevano costituito un’associazione per delinquere fondata sul vincolo familiare e finalizzata a mantenere una supremazia nella città d’origine ma non solo. In buona sostanza chiedevano il pizzo ai connazionali.

L’indagine della Procura di Vicenza – dove si sono consumati i reati – era stata innescata proprio da un’altra famiglia Rom, vittima delle minacce e delle richieste estorsive dei connazionali. L’azione intimidatoria avveniva mediante richieste di denaro – cifre fino a centomila euro – anche con l’ostentazione di armi e munizioni con messaggi e dirette su facebook. Sono 15 le persone destinatarie di misura cautelare, di cui nove in carcere e le restanti agli arresti domiciliari. I capi della banda, dimoranti a Ravenna, erano tre: Ionel Ciurariu, Alexandru Sain e Bratian Varga. Ieri, assistiti dall’avvocato Carlo Benini, sono stati tutti interrogati. Alcuni degli indagati sono imparentati con famiglie che, a Ravenna, si erano già rese protagoniste di fatti di cronaca che in città avevano destato un allarme notevole. Come la rissa al pronto soccorso del gennaio 2018, quando due nuclei rivali si combatterono a colpi di spranghe in ragione di un matrimonio avversato dai rispettivi clan. In altri casi si erano resi protagonisti di rapine e truffe nel contesto del mercato delle auto, al quale molte famiglie di rumeni a Ravenna sono dedite.

Risale appena alla scorsa settimana un regolamento di conti tra nuclei Rom rivali avvenuto sull’Adriatica, con speronamenti e botte in strada a colpi di bastone, con anche donne e minori coinvolti.

Sain, Ciurariu, Caldaras, Bot. Sono questi alcuni dei cognomi ricorrenti. Alexandru Sain, ad esempio, ora è accusato di aver minacciato di morte un rivale Caldaras e la sua famiglia dicendo che un giorno li avrebbe fatti sparire come Elodia, vale a dire un’avvocatessa rumena scomparsa nel nulla: "Quando t’incontri con me – dice – si rompe il filo della tua vita, serve soltanto un colpo e sarete tutti per terra". Nicolae Caldaras minacciava di bruciare la casa di un suo omonimo se non gli avesse consegnato 25mila euro. Sentite Ionel Ciurariu, detto Zoran: "Che tu muoia dalla mia mano". Brainar Sani e Tiberius Rostas, invece, chiedevano un ’tassa’ di 30mila euro alla famiglia Popescu per permettere loro di poter stare in Italia. E lo facevano attraverso una diretta facebook: "Sono partite due macchine, questo è l’ultimo giorno per potere pagare" sennò "arrivano da Ravenna per ammazzarti".

Truculento Zlato Antal: "Giuro sulla mia famiglia che non starò a pensare un attimo quando vi sparerò sulla testa. Finché non vedrò la tua testa nel mio coltello, non avrai scampo". Questi fatti sono collocati tra 2019 e 2020. Ma già nel 2018 alcuni degli indagati erano stati arrestati per avere minacciato un connazionale residente nel Ravennate di incendiargli la casa e uccidere la figlia se non avessero pagato il pizzo.

l. p.