"Chiedo un risarcimento per la furia nazista"

Ivan Corbari perse i nonni nell’eccidio di Madonna dell’Albero. Ad aprile il Governo Draghi ha stanziato fondi per i parenti delle vittime

"I miei futuri genitori si salvarono perché il babbo, Libero, aveva la febbre ed era rimasto di là dal fiume e mia madre era andato a trovarlo. Solo così oggi sono qui e posso raccontare. Quel giorno, il 27 novembre del ’44, i miei nonni materni e paterni, gli altri loro figli, i bimbi, in tutto dieci persone, furono annientati, mitragliati nel capanno di canne vicino a casa". Ivan Corbari ha 75 anni, è nato tre anni dopo quell’eccidio, a Villa dell’Albero e, assieme alla moglie, nel corso degli anni ha cercato di mantenere vivo il ricordo di quella strage "per passare conoscenza e memoria ai nostri cinque nipoti. Loro sono fortunati, i nonni li hanno, io no, né nonni né zii e ho sofferto molto".

Racconti.

"Nel Borghetto, quasi a metà di via Nuova, le case dei nonni si fronteggiavano, in mezzo c’era l’aia, da una parte il capanno degli attrezzi. I tedeschi, che scendevano da via Cella verso Ponte Nuovo, fecero uscire i nonni paterni, Alceste Corbari ed Ermenegilda Ronchi, 50 anni lui, 52 lei, e i loro figli Adelmo, 16 anni, Bruno, 20, Libera, 13, ed Enrica, 24, che era sposata con Gino Triossi, il fratello di Decimo che poi fu presidente della Provincia e assessore regionale. Enrica aveva in braccio il figlio Valter, 2 anni. Dall’altra casa furono prelevati il nonno materno Primo Suprani, sua sorella Marina e la nonna Domenica Vissi. Assieme ad altre sei persone di una terza casa, quella dei Mazzotti e a Rina, 31 anni, una delle figlie dei nonni materni, furono tutti rinchiusi nel capanno e lì mitragliati".

Mario Mazzotti si salvò.

"Sì perché si gettò nella botte che mio nonno aveva interrato e in cui aveva nascosto le cose buone della casa per evitare che venissero depredate dai tedeschi in ritirata".

Suo padre era partigiano?

"Sì, nell’8a Brigata Garibaldi, in montagna, poi con Boldrini, nelle valli".

Quando e da chi seppe della strage?

"I miei genitori, come spesso accadeva all’epoca, non parlavano molto, solo qualche cenno a forza di domande. Quasi tutti cercavano di rimuovere dal ricordo quegli indicibili momenti. Anzi, mio padre nel ’49 lasciò Villa dell’Albero e costruì la casa qui a Porto Fuori. Pensi che è andato per la prima volta alla commemorazione quando avevo 17 anni, andammo assieme. Fu l’unica volta per lui. Col tempo ho ricostruito molto, ho letto articoli, poi i libri, il primo lo scrisse Enzo Tramontani".

Quella di Villa dell’Albero è una delle tante stragi impunite; alla Germania che giuridicamente ritiene ‘irricevibili’ le sentenze italiane sui risarcimenti agli eredi dei trucidati, il governo Draghi ad aprile ha risposto con un decreto che stanzia 56 milioni per i ristori. Lei ha fatto richiesta?

"Sì, i tempi erano strettissimi, ma ce l’abbiamo fatta anche perché, grazie alle mie ricerche, molti documenti già li avevo. E fortunatamente all’Anagrafe ho trovato un capo ufficio che si è preso a cuore la faccenda degli atti di nascita, degli stati di famiglia relativi ai trucidati, roba anche di un secolo fa, depositata nell’archivio del Comune. Quel coscienzioso funzionario ha trovato tutto. MI risulta comunque che siamo stati solo in due a presentare richiesta di indennizzo per quella strage".

Nel corso degli anni mai un riconoscimento?

"Nel maggio del ’55 una pergamena alla memoria per la morte di Adelmo, Alceste, Bruno, Enrica e Libera Corbari a firma di Arrigo Boldrini a nome della segreteria provinciale del Pci e di Pietro Secchia e del Comando Generale delle Brigate Garibaldi e nel 30° anniversario della Liberazione, un attestato del Comune con medaglia, alla memoria di nonna Ermenegilda, di Rina e di Libera".

Carlo Raggi