"Emergenza olio di semi, prezzi raddoppiati"

Carlo Tampieri, ad dell’omonima azienda faentina, lancia l’allarme per le difficoltà dovute alle conseguenze del conflitto in Ucraina

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Prezzi raddoppiati, difficoltà nel reperire la materia prima e intere produzioni dell’industria alimentare che rischiano, nella migliore delle ipotesi, di dover modificare i propri processi. È una delle conseguenze del conflitto in Ucraina con la quale a dover fare i conti non sono solamente i consumatori finali italiani. L’allarme era stato lanciato un mese fa da Assitol, l’associazione di riferimento dell’industria olearia, in particolare per quanto concerne i semi di girasole e l’olio derivato, molto utilizzato in ambito domestico ma ancor di più nell’industria alimentare visto che maionese, margarine, salse, sughi, snack, prodotti da forno come i cracker o i biscotti, fritti e gelati rientrano tra quei prodotti per la cui produzione serve tale ingrediente.

"L’olio di semi di girasole è presente nel 90% dei prodotti alimentari – afferma Carlo Tampieri, amministratore dell’omonima azienda con sede a Faenza e presidente nazionale di Assitol per il comparto degli oli da semi –. Russia e Ucraina producono oltre il 50% del seme di girasole mondiale, ed esportano olio per il 75% del fabbisogno globale. L’Ucraina per l’Italia rappresenta oltre il 60% delle importazioni di olio perché non siamo autosufficienti (ne produciamo 250mila tonnellate ma il consumo è quasi di 800mila, ndr)". Basta questo per comprendere il problema di approvvigionamento venutosi a creare in seguito al conflitto. Un problema al quale le industrie italiane come la Tampieri stanno facendo fronte "just in time (minuto per minuto, ndr)" cercando di reperire il prodotto da "fonti alternative" ovvero da altri paesi prevalentemente dell’Est Europa. "Ora non c’è più il panico dei primi giorni, coi clienti abbiamo riprogrammato le consegne e l’esecuzione dei contratti e ci stiamo approvvigionando da Bulgaria, Romania e Moldavia. I prezzi però sono raddoppiati. Fino a maggio la disponibilità è garantita – prosegue l’amministratore dell’azienda romagnola –. Se la situazione dovesse migliorare, il rischio di mancanza del prodotto per tutta l’estate dovrebbe essere scongiurato, ma potremmo assistere comunque a una riduzione dei volumi anche in virtù della mancata semina".

I volumi potranno essere compensati dall’utilizzo di altri oli. "Invece del girasole a casa si può usare l’olio di mais, di soia o altri oli come quello di arachide. È più complesso per le industrie perché non tutti possono cambiare velocemente la produzione. L’olio di palma per esempio è solido quindi chi ha un sistema produttivo basato sull’olio liquido dovrebbe approntare modifiche sostanziali. Poi c’è la questione organolettica perché l’olio di girasole è neutro mentre altri hanno un sapore che può cambiare la percezione soggettiva del prodotto". I danni del conflitto quindi sono rilevanti e non solamente economici. "C’è una problematica contingente e una a medio termine – spiega l’amministratore – se le semine dovessero essere ridotte come sembra, la disponibilità sarà ovviamente molto inferiore da ottobre in poi. Presumibilmente quindi ci sarà un livellamento in aumento dei prezzi dell’olio a livello globale, come è già avvenuto appena è scoppiato il conflitto. I grandi consumatori come Cina e India si orienteranno da subito su olii di valore minore quindi soia, colza e olio di palma. Nel Sud Europa invece l’utilizzo del girasole dovrebbe rimanere perché abbiamo esigenze alimentari diverse dagli altri paese".

Il Ministero dello Sviluppo economico nel frattempo si è mosso non solo con la deroga per le rietichettature dei prodotti ma anche "creando una task force alla quale abbiamo fatto pervenire alcune nostre proposte. Il danno economico difficilmente potrà essere colmato però si possono intraprendere azioni in aiuto al comparto". Le proposte principali riguardano agevolazioni al credito e garanzie statali per gli acquisti di tutta la filiera. Poi c’è la questione politica: "Appena la situazione si normalizzerà forse sarebbe il caso di evitare dazi o divieti di importazione, si penalizzerebbe l’Europa rispetto a Cina e India". Le prossime settimane saranno quindi cruciali.

Damiano Ventura