Galileo Chini. Ceramiche tra Liberty e Déco

Al Mic di Faenza da oggi saranno in esposizione fino al 14 maggio trecento opere del poliedrico artista toscano

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Il secolo scorso a Marienbad: si respirano le atmosfere di inizio Novecento fra le trecento opere della mostra ‘Galileo Chini. Ceramiche tra Liberty e Déco’, testimonianza di un’epoca in cui l’alta società europea si ritrovava anno dopo anno nelle città termali del continente.

Luoghi in cui nascevano alleanze fra cancellerie, vedevano la luce gli amori di un’estate, e le migliori penne della storia completavano alcuni dei loro libri più imprescindibili. Le terme in questione sono quelle di Salsomaggiore, di cui Chini curò l’apparato decorativo, e che proprio nel 2023 festeggeranno i cento anni dalla loro nascita. In quel progetto Chini riversò tutta l’esperienza accumulata nelle sue vite precedenti, dando vita ad ambienti che riecheggiano i suoi lavori nel palazzo reale di Bangkok, eseguiti per conto del sovrano del Siam, uniti alle sfumature della Versilia e alle innovazioni che già a inizio carriera aveva apportato alla ceramica – quando era al timone de L’Arte della Ceramica, a Firenze, a partire dal 1897, e poi delle Fornaci S. Lorenzo, fondate nel 1906, qualche anno prima che il successo riscosso facesse di lui l’uomo chiamato a dipingere la cupola del vestibolo del Padiglione centrale della Biennale di Venezia.

La ceramica applicata all’architettura convive all’interno della mostra con le opere più legate alla tradizione, dalle quali traspare la sua fascinazione tutta rinascimentale per le figure femminili, o per le forme tratte dal mondo della natura, come i pavoni o le creature acquatiche, quali salamandre o asteroidei. Al loro fianco le opere realizzate con la tecnica a lustri metallici, che sarebbe poi diventata uno dei tratti caratteristici dell’artista. Qualche anno prima della sua spedizione a Bangkok Chini "fu chiamato a decorare i locali riservati alle arti dell’Esposizione Torricelliana di Faenza nel 1908", spiega la direttrice del Mic Claudia Casali, curatrice della mostra insieme a Valerio Terraroli, "da cui prese avvio la fondazione del Museo Internazionale delle Ceramiche. Un primo nucleo di opere venne donato da lui stesso alla città di Faenza, in vista della costituzione del museo voluto da Gaetano Ballardini. Opere che purtroppo andarono perse durante la seconda Guerra mondiale; molte altre furono però donate dalla Manifattura Chini negli anni successivi". La mostra, il cui allestimento è curato da Oscar Dominguez, rimarrà visitabile fino al 14 maggio del 2023.

Filippo Donati