
Fino al 2 giugno all’ex convento di Bagnacavallo. Il racconto visivo dei rapporti tra Israele e Palestina.
‘Fa che sia un racconto’. A ispirare il titolo della mostra e ad aprire il percorso espositivo sono i versi di una poesia di Refaat Alareer, poeta e intellettuale palestinese, ucciso a Gaza in un raid israeliano all’inizio dell’escalation militare, nella notte tra il 6 e il 7 dicembre 2023. La poesia si chiude con "Se dovessi morire, fa che sia un racconto". "Un monito a non dimenticare – spiega la curatrice della mostra, Francesca Recchia – e un invito a farsi testimoni della storia". La mostra è stata voluta dall’Unione Comuni della Bassa Romagna e viene ospitata fino al prossimo 2 giugno negli spazi dell’ex Convento San Francesco di Bagnacavallo. Si tratta di un progetto interdisciplinare fatto di immagini, parole e testimonianze, concepito per svelare le contraddizioni che caratterizzano la narrazione pubblica e mediatica della più recente escalation militare in Israele, Palestina e Libano. Nelle sale sono esposte 40 fotografie di grande formato, opera di Lorenzo Tugnoli, fotoreporter, nativo di Lugo e unico premio Pulitzer italiano nel 2019, scatti che si intrecciano con la ricerca e la curatela di Recchia, studiosa e scrittrice interessata alla dimensione geopolitica dei processi culturali.
Il percorso offre un’inedita riflessione individuale e civica sulle difficoltà, i vuoti, le complicità, le manipolazioni e i silenzi che caratterizzano l’atteggiamento dei media e del pubblico attorno all’escalation militare iniziata il 7 ottobre 2023. Di fronte al rischio di assuefazione al dolore e alla brutalità della guerra, il progetto espositivo vuole suscitare interrogativi sull’importanza di difendere il diritto fondamentale alla corretta informazione, mostrando la necessità di disporre della conoscenza dei fatti e riconoscendo situazioni in cui l’informazione è vittima di eufemismi e censure. L’allestimento è progettato dall’architetto e designer Diego Segatto. "Il percorso segue una riflessione sugli equilibrismi verbali e le circumnavigazioni dei fatti elaborati dai media al fine non di non prendere posizione – spiegano i curatori –, non schierarsi e non nominare colpevoli e vittime". Si può provare in prima persona a costruire sequenze narrative, con esiti distopici, realistici, faziosi o ideologici, attraverso il lancio di dadi di carta, messi a disposizione di tutti. Ciascuna delle sei facce di ogni dado ha stampate parole che rappresentano un tema: dai modi in cui si fa riferimento all’escalation militare (genocidio, autodifesa, guerra) a tutti gli strumenti di produzione di morte (cecchini, bombe, sassi). Affidandosi alla casualità del lancio dei dadi il visitatore trova una versione diversa e spesso contraddittoria della storia. Si incontrano poi le immagini di Tugnoli. Il fotografo, fotoreporter per il Washington Post, lavora in Palestina da oltre dieci anni. Per il progetto ‘fa che sia un racconto’ ha selezionato 40 scatti, qui presentati in grande formato, realizzati da ottobre 2023 all’inizio del 2025, in condizioni molto difficili, che offrono uno sguardo ravvicinato, eppure rispettoso, sugli esiti drammatici dei conflitti, affidando il racconto a paesaggi devastati, alle azioni dei bambini e a momenti di apparente neutralità. In mostra anche 140 testi, tra convenzioni e trattati internazionali volti a regolare i rapporti tra Palestina e Israele, per un totale di 36.000 pagine consultabili dal pubblico e disposti a creare un ambiente volutamente labirintico e un passaggio obbligato. ‘Fa che sia un racconto’ rappresenta l’evento di punta del programma delle iniziative organizzate in occasione dell’80° della Liberazione. È realizzata in collaborazione con l’Istituto storico della resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Ravenna, con il supporto del Comune di Bagnacavallo e grazie al contributo della Regione, Romagna Acque e Bcc.
Matteo Bondi