Guerra in Ucraina, gli artisti del teatro di Kiev in viaggio verso Ravenna

L’arrivo in Polonia. Poi sono ripartiti verso Ravenna con i volontari guidati da Cristina Mazzavillani Muti

Ravenna, 6 aprile 2022 - Lacrime, abbracci e le bandiere di Italia e Ucraina portate a mano davanti alla stazione ferroviaria al confine polacco. E poi un breve concerto improvvisato in strada, gli inni dei due Paesi, cantati da professionisti, quali sono. Nonostante la stanchezza del viaggio su un treno speciale da Kiev, le fatiche di un mese di guerra.

La frontiera di Kroscienko
La frontiera di Kroscienko

Sono in salvo i 59 dipendenti del teatro della capitale ucraina – coristi, orchestrali, ballerine – il cui arrivo è previsto oggi pomeriggio a Ravenna. L’attesa è finita ieri sera poco prima delle 22 a Przemysl, cittadina polacca sul confine , dopo un’ora di controlli doganali. Un momento toccante, le lacrime che rigano i volti dei volontari ravennati, tra le più emozionate Cristina Mazzavillani Muti, abbracciata dagli orchestrali che aveva conosciuto nel 2018 durante il concerto dell’amicizia. Era stato Franco Balloni, diplomatico italiano a Kiev, a contattarla e a chiedere un aiuto per mettere in salvo i dipendenti del teatro sotto le bombe, dando corpo a un vero e proprio viaggio umanitario. Nella tarda serata di ieri il gruppo è salito a bordo dei due pullman allestiti da Ravenna Solidale, con l’organizzazione operativa dell’associazione Cuore e Territorio.

La lunga attesa in hotel del pomeriggio è stata utile per raggiungere la vicina la frontiera di Kroscienko, nell’estremo sud della Polonia al confine con l’Ucraina, l’ultima prima di entrare in territorio slovacco. Nelle tende ancora piene di giocattoli, prodotti per l’igiene e alimentari, non sono rimasti profughi. Sono pochissimi, raccontano i volontari rimasti a presidio, quelli entrati negli ultimi giorni, mentre sono di più gli ucraini che fanno rientro in patria (in tutta la regione della Precarpazia diecimila in entrata, 8400 in rientro per l’Ucraina), dopo un apparente allentamento della tensione. Che, al contrario, è salita di intensità proprio sul versante polacco, soprattutto dopo la disponibilità offerta a ospitare missili Usa nella vicina base Nato. Qui, nelle vicinanze, tra le montagne del voivodato prese d’assolto da turisti e sciatori, c’è quella di Trzcianec, al momento ancora sguarnita di truppe e armamenti. Facciamo le spese di questa rinnovata situazione di incertezza assieme alla troupe di Mediaset e al collega Angelo Macchiavello.

Se i volontari sono ospitali, e il rifiuto di un caffè è quasi interpretato come un’offesa, la polizia polacca è nervosa. Chiedono i documenti a tutti i giornalisti. Due pattuglie, quattro agenti. Uno di loro, in particolare, è alquanto agitato. Ci domanda il nome dell’albergo in cui abbiamo pernottato, non comprende il significato del tesserino da giornalista. Il controllo di passaporti e carte d’identità dura circa mezz’ora.

Non basta la presenza del collega polacco, Kristof Boczek di Oko Press, a rassicurare gli agenti. È lui stesso a raccontarci che nei giorni scorsi i servizi segreti polacchi hanno fatto irruzione nel suo albergo e hanno voluto identificare tutti i giornalisti. "La realtà – spiega – è che vanno a caccia di spie". Temono che dietro a cartelli ‘press’ e tesserini possano nascondersi infiltrati russi. I poliziotti chiedono di controllare l’auto sulla quale abbiamo raggiunto il check-point. Se fai loro notare che fin qui nulla di ciò era mai successo, in territorio polacco, che non è legale ispezionare le auto dei giornalisti, il rischio è quello di renderli ulteriormente nervosi.

Dopo un lungo pazientare, si convincono che non siamo spie e passiamo indenne il controllo. Possiamo tornare all’albergo e partire alla volta di Przemysl, dove il treno con a bordo gli artisti di Kiev è in arrivo. La missione umanitaria sta per essere completata e nella notte si scioglie in un abbarccio fraterno tra i volontari di Ravenna e gli amici di Kiev.