
Niccolò Califano, concorrente di Masterchef tra i più amati ora porta in scena lo spettacolo teatrale ’Mangiare tutto’. "Un imperativo che vale in particolare per queste giornate". Tra riflessioni e ironia.
Anche se hai partecipato a Masterchef e la tua cucina è creatività, anche se ami i sapori orientali e le ricette non convenzionali "a Natale non si discute, a tavola ci vuole la tradizione". A dirlo è Niccolò Califano, giovane medico ravennate che lo scorso anno conquistò il pubblico del cooking show di Sky. E ora è anche autore e protagonista dello spettacolo teatrale ’Mangiare tutto’, scritto con Matteo Cavezzali (in scena il 18 gennaio al teatro Rasi).
Califano, il titolo del suo spettacolo ’Mangiare tutto’ potrebbe essere l’imperativo del periodo festivo che sta per iniziare?
"Sì, se penso al Natale la prima cosa che mi viene in mente è il cibo e il fatto che scoppierò. Agli appuntamenti culinari fissi delle festività comandate vanno sommati gli aperitivi perché non bisogna dimenticarsi degli amici. E diventa così una formazione serrata: colazione-aperitivo-pranzo-aperitivo-cena-digestivo-spuntino di mezzanotte senza soluzione di continuità per almeno una settimana in questo periodo".
Lei unisce origini napoletano/pugliesi ed emiliane alla ’romagnolità’ di Ravenna, quindi cena di pesce della vigilia e pranzo tradizionale del 25?
"Un aspetto imprescindibile a Natale è la tradizione. Il mio palato spesso cerca l’esotico, l’orientale, però a Natale no, questo non è concepito. Non possono mancare i tortellini in brodo e il lesso".
Tortellini? A Ravenna? Non cappelletti?
"Beh stiamo comunque parlando di Batman e Superman, supereroi della cucina entrambi. Nel mio caso a Natale tortellini per rispettare la tradizione, perché mia mamma è emiliana e tutti gli anni si andava a Pavullo nel Frignano per trovare i nonni. Ora i nonni non ci sono più ma andremo anche quest’anno".
Immagino che dopo Masterchef ai fornelli ci starà lei.
"No, io come dicevo a Natale divento tradizionalista e nostalgico: in cucina comanda mia zia, come quando ero piccolo. Io farò il ’secondo’ chef. Una delle cose che mi è sempre piaciuta di più delle feste era proprio vedere mia zia che preparava. È stato uno dei miei primi approcci alla cucina, osservarla nel ’backstage’ la vigilia prima di portare in piatti in tavola. C’era della magia. Poi mia zia è nettamente più brava di mia mamma".
Questo non lo scriviamo.
"Certo, lo sa. Ho due zie, una abbastanza negata, che batte perfino la cucina di mia mamma, che già non è il massimo. Invece mia zia Barbara è bravissima, l’ho sempre guardata con ammirazione, ero affascinato dai suoi movimenti in cucina".
Quindi pranzi, cene, aperitivi?
"Comincia un periodo impegnativo. Ho inziato a scrivere lo spettacolo insieme a Matteo Cavezzali in estate ma immancabilmente abbiamo parlato delle festività e del Natale, anche in modo caricaturale. ’Mangiare tutto’ racconta di come l’uomo sia sempre stato ossessionato dal cibo e dalla fame continua. Poi di come qualcosa sia andato storto nel corso dell’evoluzione, perché una volta eravamo abituati ad avere fame per lunghi periodi mentre ora la nostra convivialità e la nostra socialità si basano sul mangiare. Ormai non è più possibile vedere persone senza mangiare".
Perché dice che qualcosa è andato storto? Lo intrepreta in modo negativo?
"Non lo vedo in modo negativo: mangiare è un bellissimo modo per suggellare un’amicizia, suggellare un rapporto, c’è qualcosa di atavico nel nutrire qualcun altro. Se ti lasci nutrire da me vuol dire che ti fidi perché io ti potrei anche avvelenare. Io me ne accorgo perché quando conosco una persona e voglio stringere con quella persona le preparo da mangiare. Ma, dall’altro lato, racconto di come la situazione ci sia sfuggita di mano e ora l’uomo è sempre dietro a suggellare troppo, è un po’ tutto come la grande abbuffata".
Qui viene fuori il lato medico del cuoco: mangiare con giudizio?
"Prendo come esempio gli all you can eat: ingurgitare di tutto fino a stare male. O i matrimoni: ora la firma dell’amore è mangiare fino a scoppiare ed è in questo senso che ci è sfuggita la situazione, come se ci fossimo lasciati dietro un debito di fame che dobbiamo colmare. E c‘è anche tanta disinformazione: oggi la gente pensa che il cibo cresca nei supermercati. Bisognerebbe rieducare le persone e specialmente i bambini. Insegnare loro da dove proviene il cibo, in particolare per quanto riguarda gli animali. E poi conoscere gli alimenti. Io anche a Masterchef ho elogiato le nostre cozze: sono ad esempio più sostenibili di un avocado. O il granchio blu che si sta diffondendo e per riequilibrare l’ecosistema lo stiamo mangiando più velocemente noi di quanto lui si stia mangiando la fauna locale".
A Natale però è giusto concedersi qualcosa in più?
"A Natale è cosi; il tempo non è più scandito dai secondi ma da primo, secondo, dolce. In questo periodo c’è grandissima abbondanza e mi viene da pensare a quando da povero studente fuori sede, finite le feste, tornavo alla triste realtà e una mezza banana mi sembrava oro".
Da ’povero studente fuori sede’, a medico, a Masterchef. Come è cambiata la sua vita?
"Certamente in meglio: sto lavorando come content creator, ho avuto l’opportunità di fare uno spettacolo e anche di lavorare in maniera creativa e realizzare le mie idee, che è ciò che mi dà più soddisfazioni in assoluto. Sono super grato alla trasmissione, prima non pensavo ad altro se non continuare la mia carriera da medico. Sentivo però che qualcosa sarebbe successo perché stavo veramente stretto nella mia vita. Sì, è stata la mia rivincita.
Leda Santoro