"Ilenia ha cercato di difendersi Morta in un breve lasso di tempo"

In aula i medici legali: "Recise due arterie, poi un decesso molto rapido"

Per la seconda volta, in aula, vengono mostrate le foto del cadavere di Ilenia Fabbri. La figlia, Arianna, è sconvolta ma di nuovo sceglie di restare, nonostante il consiglio del suo avvocato, Veronica Valeriani, di non sottoporsi nuovamente a quello strazio. A commentare quelle foto crude sono i medici legali dell’Università di Verona, Franco Tagliaro e Federica Bartolotti, che hanno eseguito l’autopsia. A Tagliaro viene mostrato il manico di martello con cui Barbieri ha detto di aver colpito la vittima, e il medico lo ritiene compatibile con le ferite alla testa. Allo stesso modo è compatibile con la ferita alla gola il coltello rinvenuto nel lavello dell’appartamento di via Corbara 6. I medici riconducono le cause della morte a un’emorragia acuta accompagnata al fatto che la recisione della carotide, prima della quale la donna era viva, ha portato a un’anossia cerebrale. Quattro le fasi dell’azione omicidiaria: i colpi dietro la testa col martello, verosimilmente mentre lei fugge, quindi un tentativo di strangolamento. Nell’ultima fase, la donna si trascina o viene trascinata nel seminterrato, e qui viene sgozzata, verosimilmente mentre era in piedi e presa da dietro. Lei ha tentato di difendersi almeno dai primi colpi, lo dimostrano le ecchimosi che aveva sui dorsi delle mani. Non dovrebbe avere sofferto molto a lungo: "Le sono state recise due arterie che portano sangue al cervello, questione di poche decine di secondi".

Daniela Scimmi, biologa della polizia scientifica di Roma, ha analizzato i campioni prelevati sulla Yaris di Barbieri, dove non sono emersi profili genetici né tracce di sangue: "Spesso il rischio è di trovare dna misto di più persone – ha spiegato –, qui la perplessità sta proprio nell’esito negativo, la sensazione era di avere davanti un’auto molto pulita e curata. Il tappetino faceva odore di plastica nuova". Secondo l’accusa, tra 6 febbraio e 17 marzo, giorno dell’arresto e dei conseguenti sequestri, l’esecutore si era premurato di pulire tutto.