
Ina Casa, la riscoperta di un pezzo di storia
Il Tiburtino a Roma, lo Spine Bianche di Matera, il QT8 di Milano, ma anche tre intere porzioni del Borgo Durbecco: il progetto Ina Casa, noto anche come piano Fanfani, è stato uno dei capitoli centrali di quella che Howard Zinn chiamerebbe forse "la storia del popolo italiano". Si trattò di un massiccio intervento di edilizia pubblica, realizzato fra il 1949 e il 1963, grazie al quale una quantità di abitanti della penisola mai sperimentata prima poté avere un proprio appartamento. In totale furono poco più di 350mila gli alloggi realizzati: quelli costruiti in Emilia Romagna sono al centro di un progetto regionale di valorizzazione storica che a Faenza è stato curato dall’associazione cesenate Aidoru, assieme a Fatti d’Arte, Fototeca Manfrediana e Museo Guerrino Tramonti.
A Faenza il piano Fanfani cambiò soprattutto il volto del volto Durbecco – che proprio allora conquistò la sua fama, viva tuttora, di porzione più giovane e dinamica della città – nello specifico nei tre quartieri sorti in quegli anni in corso Europa, in piazza Bologna e in via De Gasperi, costruiti rispettivamente nel primo settennato del piano Fanfani, nel secondo settennato e a cavallo tra i due. Gli alloggi di corso Europa erano destinati a una fascia della popolazione in un certo senso benestante (fra cui maestri, dipendenti delle Poste o del Comune), mentre gli altri a livello architettonico seguono gli schemi classici delle Ina Casa, con una parte soppalcata e l’assenza di un giardino centrale. Sulle facciate di quelle residenze è ancora possibile vedere il tocco di Guerrino Tramonti, uno degli artisti vincitori del concorso per dotare le abitazioni di una propria riconoscibilità: "Le Ina-Casa – spiegano Aidoru, Fatti d’arte e gli altri soggetti coinvolti – sono tutt’oggi identificabili dallo stile architettonico dai tratti neorealisti e dalle targhe in ceramica policroma, che le caratterizzano, poste sulle mura degli edifici, disegnate da artisti quali Alberto Burri, Leoncillo Leonardi, Duilio Cambellotti, Tommaso Cascella, Piero Dorazio, Irene Kowaliska, Pietro De Laurentiis, e appunto Tramonti. Un filo rosso univa le loro opere: l’allusione al tema generale del progetto, e cioè la casa come luogo felice".
L’intento dell’intervento di Aidoru è "ritornare a camminare in quartieri così unici, riconoscerli e intervistare gli abitanti per comprenderne la storia, sociale e personale, con la volontà di recuperare e narrare ancora un’opera di valore assoluto: per tornare a dare voce a queste microcittà e per gettare le basi di un futuro fatto di abitatori di spazi attivi, consapevoli del valore del vivere un bene comune, con la capacità di rielaborare le memorie storiche per immaginare scenari futuri migliori".
Da dicembre è stata avviata una ricerca svolta negli archivi di Acer Ravenna, Museo Guerrino Tramonti e Fototeca Manfrediana. Sono stati recuperati diversi materiali fotografici e storici. Preziose si sono rivelate le testimonianze degli abitanti che hanno permesso di raccogliere i ricordi della loro vita nel quartiere. Le ricerche hanno permesso di individuare circa venti targhe realizzate da Tramonti. Il progetto prevede anche un incontro pubblico, in agenda lunedì 27 marzo alle 21 al Centro sociale Borgo, progettato come un’occasione per recuperare la memoria dell’iniziativa e invitare gli abitanti a condividere alcuni ricordi della loro vita nelle Ina Casa. Il progetto si concluderà con la nascita della pagina dedicata a Faenza nel sito web www.inacasa.org, dove sono censiti tutti i quartieri Ina Casa.
Filippo Donati