REDAZIONE RAVENNA

"Lascio una scuola più attenta alle fragilità"

Luigi Neri, preside del liceo Torricelli-Ballardini di Faenza, al timone da ormai venticinque anni, andrà in pensione a settembre

Si avvicina il suono dell’ultima campanella per Luigi Neri: il preside del liceo Torricelli-Ballardini di Faenza, al timone da ormai venticinque anni, andrà in pensione a settembre.

Preside Neri, come è cambiata la scuola in questi venticinque anni?

"Mi piace far notare come l’attenzione nei confronti degli studenti disabili sia notevolmente aumentata. Nelle scuole si è poi lottato contro l’omofobia, che qualche decina d’anni fa era molto diffusa, complice il silenzio cui erano condannati certi argomenti. Altri aspetti sono caduti nel vuoto o quasi: le materie insegnate in lingua straniera, l’alternanza scuola-lavoro".

In questi giorni anche al liceo è attivo il ‘Piano scuola estate’, voluto dal Ministero per ripianare le lacune emerse dalla Dad (didattica a distanza). Quanti ragazzi hanno aderito?

"Appena un’ottantina. I corsi di per sé sono interessanti: abbiamo ad esempio dei focus sulle lingue straniere, sulla stampa in 3D. Ma la scuola non può essere un’istituzione totale: c’è un tempo per stare in classe e un tempo per fare altro. E soprattutto l’istruzione non può essere degradata a compiti di custodia dei ragazzi. Perché è questo quello che sta accadendo, con il rischio che a venire qui siano i ragazzi che non hanno altre opportunità. Una scuola-ghetto è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno".

Vede spazi per tornare alla normalità a settembre?

"I segnali sono inquietanti. Non mi stupirei se rifacesse capolino la didattica a distanza, ormai così malfamata da essere stata costretta a cambiare nome in ‘didattica digitale integrata’ (Ddi). Che può essere una risorsa per attività come i corsi di recupero, non lo nego, ma la scuola è un’altra cosa. Gli insegnanti sono diffidenti, l’intromissione delle famiglie è notevole, con il rischio che si comprimano gli ambiti di libertà che caratterizzano lo studio e il confronto".

Il terzo anno di Dad, pardon di Ddi, è quasi metà di un ciclo scolastico...

"Purtroppo sì. E all’orizzonte vedo segnali ben peggiori. I viaggi d’istruzione potrebbero rimanere al bando ancora per anni. Per gli studenti sarebbe una menomazione: un liceo linguistico non può semplicemente fare a meno di soggiorni-studio e scambi con l’estero".

Come è accaduto che gli studenti siano finiti ai margini della vita di una nazione?

"Viviamo un’incapacità di formulare progetti storici a lungo termine. Terminata l’epoca delle ideologie non siamo stati in grado di elaborare una nuova cultura. Ci muoviamo ancora fra i residui del Novecento".

Fra qualche anno la sede storica del liceo classico, Palazzo Studi, cesserà probabilmente di ospitare le aule: una decisione contro cui si è battuto a lungo.

"Le perplessità che avevo sono ancora tutte qui. Mi rendo conto che Palazzo Studi avrebbe avuto bisogno di interventi di ristrutturazione notevoli, ma sono notevoli anche quelli che verranno messi in campo qui nella sede centrale. Anche a livello di sicurezza, in caso di eventi calamitosi, ho l’impressione che Palazzo Studi si presti più facilmente a un esodo degli studenti rispetto alla sede centrale, dove ci sarà una concentrazione di ragazzi mai sperimentata prima. Ma tant’è: la provincia avrà le sue buone ragioni. Se devo essere sincero dubito che questa scuola potrà fare a meno in breve tempo delle aule del liceo classico. L’auditorium immagino rimarrà comunque nelle pertinenze del liceo, che non ne possiede altri".

Ancora oggi si dibatte sulla trasformazione del Ballardini in liceo: qualcosa non ha funzionato?

"Difendo quella decisione: chi compie quel ciclo di studi ha bisogno di una formazione culturale forte. Il problema è semmai la lentezza del mondo della scuola nell’accettare le novità. Gli insegnamenti sono da ripensare: al Ballardini non si possono studiare l’italiano, la storia, forse neppure la matematica, nel modo in cui si studiano negli altri licei. Tutto andrebbe connotato con caratteristiche proprie. Il mondo della scuola purtroppo tende ancora a erigere un muro di gomma nei confronti dei cambiamenti".

Filippo Donati