
Un libro e un docufilm sul mah jong, sulle due scuole della provincia, quella ravennate e quella faentina, sulla storia, sui costruttori, sulle modalità di gioco, spiegato passo per passo, sulle curiosità, sui caffè e i circoli in cui si giocava, il Belli a Ravenna e il Vespignani a Faenza, e tanto, tanto altro ancora: il libro l’ha scritto Lorenzo Tini che è anche ideatore e regista del docu-film. L’uno e l’altro saranno al centro di un incontro che si terrà domani dalle 19 al circolo Arci di Santa Lucia.
Tini è conosciutissimo a Faenza, non solo e non tanto per essere un appassionato giocatore (e anche costruttore) di mah jong, ma per essere stato un grande portiere del Faenza negli anni d’oro (mezzo secolo fa) e poi per il suo lavoro di una vita, apprezzatissimo incisore. Il libro, dal titolo ‘Mah-Jong’ (Tipografia Faentina), in carta patinata, tutte foto a colori, è una vera e propria enciclopedia: parte dalle origini, dall’approdo del gioco in Occidente e a Ravenna in particolare attraverso marinai e commercianti cinesi imbarcati sulle navi che attraccavano alla darsena di città, poi tratta dei costruttori, a Ravenna e a Faenza, degli importatori e ancora la qualità delle tessere, l’estetica della valigetta-contenitore, il mah jong nella letteratura, in tv, nell’on line, le gare, le organizzazioni, i luoghi in cui oggi si gioca e altre informazioni e curiosità. Insomma uno strumento esaustivo che probabilmente fa scoprire sorprese e novità anche ai più esperti giocatori. E poi il docufilm, il cui canovaccio è un incontro attorno alla tavola imbandita fra un gruppo di amici e familiari e dopo il pranzo si gioca a mah jong e passo per passo c’è chi spiega le tappe del gioco. Così il ravennate Vito Valente informa come il primo costruttore di mah jong a Ravenna sia stato, nell’anteguerra, Attilio Posati che aveva l’officina in via Salara e poi si trasferì in via Alberoni. Costruiva le tessere in legno, dipingeva i caratteri quindi passò a inciderli. Poi ecco l’intervista a Lodovico Valvassori, figlio di Michele che nel 1950 nel laboratorio di via Matteucci, a Ravenna, oggi ristorante, cominciò a costruire tessere che dipingeva a mano. "Mio padre – spiega Ludovico – era stato allievo di Nonni all’Accademia e sapeva disegnare bene. Era un lavoro lungo, basta pensare che la lucidatura delle tessere si svolgeva in otto passaggi. Mio padre guardava molto alla qualità". Aggiunge Ludovico: "Fra Faenza e Ravenna non c’è mai stata competizione sui regolamenti. Nel ‘53 a Ravenna si giocava col regolamento faentino. Mio padre comunque fissò nel regolamento ravennate un calmiere per evitare che il gioco diventasse un azzardo".
Il docufilm passa poi sul versante faentino e racconta della società manfreda VTC, che aveva cominciato a costruire mah jong fin dal 1944. Lo spiega Fosca Violani, figlia di Amilcare, intagliatore, che con Lino Casadio, lucidatore, e Aldo Cattani, incisore cresciuto alla scuola di Nonni, fondarono la società il cui acronimo era dato dalle iniziali dei tre cognomi. "Erano appassionati giocatori, si ritrovavano al caffè Vespignani e un giorno decisero di fabbricare loro le tessere. Avevano il laboratorio in via Calligherie". La sinergia fra docufilm e libro è evidente, così si apprende ancora della nascita della Federazione Mah Jong, di altri costruttori fra cui lo stesso Tini e altro ancora.
Carlo Raggi