Musca a processo per bancarotta "Fallimento della Sicro Consulting, 4 anni e 6 mesi a lui e alla moglie"

La richiesta del pm Lucrezia Ciriello per l’immobiliarista e la consorte commercialista. La difesa, rappresentata dall’avvocato Filippo Furno: "Il fatto non sussiste, gli imputati vanno assolti".

Musca a processo per bancarotta  "Fallimento della Sicro Consulting,  4 anni e 6 mesi a lui e alla moglie"

Musca a processo per bancarotta "Fallimento della Sicro Consulting, 4 anni e 6 mesi a lui e alla moglie"

Quattro anni e sei mesi di reclusione per Giuseppe Musca e altrettanti per la moglie Susi Ghiselli. Questa è stata la richiesta di condanna, formulata ieri mattina dal pm Lucrezia Ciriello davanti al collegio penale, al termine di un’ora e mezzo di requisitoria nell’ambito del processo che vede imputati l’immobiliarista 72enne, ex vicesindaco di Ravenna negli anni ’80, e la commercialista 54enne, per il fallimento della società di consulenze Sicro Consulting srl. L’avvocato Filippo Furno, difensore di Musca e Ghiselli, ha invece chiesto l’esclusione della responsabilità penale degli imputati perché il fatto non sussiste, in subordine di riconoscere le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti (per Musca, come ha detto il pm Ciriello, "formalmente incensurato, ma dominus di varie situazioni fallimentari"; per Ghiselli una recidiva semplice che l’avvocato Furno ha però sottolineato riferirsi a "un fatto risalente nel tempo").

Nella requisitoria il pm Ciriello ha parlato delle "molte società che facevano capo a prestanome, scoperte dalla guardia di Finanza: 16 di cui solo 5 non erano riconducibili al gruppo Musca e tutte abbastanza coeve, fallite". Per quanto riguarda la Sicro Consulting srl, come ha ricordato la pubblica accusa, "Musca ha detto di non avere avuto ruoli salvo poi ammettere, dopo qualche contestazione, di non avere avuto ruoli formali ma di essere stato dominus perché i clienti principali erano riferiti alle sue società. Sua moglie si occupava della contabilità della società e un manager romano dello sviluppo clienti, in particolare su Roma, manager che poi aveva abbandonato nel 2013 portando al dissesto". Il 17 febbraio 2014, come ha sottolineato il pm Ciriello citando dichiarazioni di più testimoni del processo, avviene il passaggio di clienti, dipendenti e beni alla Sicro Capital Service (Scs), "su disposizione unica di Musca e Ghiselli". Il pm Ciriello fa anche riferimento alla "svalutazione della Sicro Consulting srl avvenuta a fine 2014 con il trasferimento dei fattori produttivi a favore di Scs: da un giorno all’altro è stato cambiato nome a buste paga, fatture e nei libri i clienti sono stati spostati da una parte all’altra". Nella requisitoria si è anche parlato di "operazioni depauperative", in particolare riguardo alla "cessione a metà 2013 del 100% della Scs a Ghiselli a circa 90mila euro rispetto a quello fissato in bilancio pari a circa 149mila, sebbene il patrimonio netto della società fosse uguale tra 2012 e 2013". Infine, il pm Ciriello ha accusato Musca e Ghiselli di aver "cagionato dissesto per effetto dolose consistite in uno strategico e sistematico inadempimento degli obblighi fiscali nei confronti di erario, Inps e Inail. La Sicro Consulting srl è una società che decide di vivere con un risparmio, il risparmio di imposta". A questo proposito, come ha sottolineato il pm a chiusura della requisitoria, il curatore fallimentare durante il processo ha parlato di una società "nata per perdere".

Da qui è iniziata l’arringa dell’avvocato Furno che ha spiegato che "l’azienda era nata con una finalità che poi non si è conretizzata e sin dal primo esercizio non ha avuto ricavi" e dal 2012 ha sempre chiuso in negativo. Tra l’altro – ha aggiunto l’avvocato Furno – risulta che "Musca vi abbia fatto confluire fondi, oltre a una fideiussione bancaria personale". Sulla cessione di quote secondo l’accusa a un valore non congruo, il legale ha precisato che "la valutazione va fatta sul valore effettivo che va al di là del dato contabile. E nel 2013 le cessioni a 90 mila euro non furono depauperative". Infine, per quanto riguarda l’accusa di non avere corrisposto agli obblighi fiscali, l’avvocato Furno ha precisato che "non vi era un non pagare ma disposizioni in relazione a un mettiamo in ordine una serie di pagamenti. La situazione era: c’è un debito, ne prendo atto ma io non ho i soldi per coprire le spese di gestione quotidiana quindi rateizzo. Rateizzazioni parziali, è vero, ma si è cercato di far sopravvivere la società". Senza però riuscirci, fino al fallimento.

Milena Montefiori