Musca, il processo era ok Si riparte dalla condanna

Nessun vizio di forma: la Cassazione annulla la sentenza con cui la Corte d’appello nell’aprile 2021 aveva cancellato il giudizio di primo grado

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Una questione di forma e non di sostanza che però era presto deflagrata travolgendo, con effetto domino, l’intero procedimento. Il 12 aprile dell’anno scorso la corte d’appello di Bologna aveva infatti deciso di annullare la sentenza legata al principale dei fascicoli aperti sulla famiglia Musca, quello nato dal fallimento di tre importanti società del tessuto economico ravennate: Asa Holding, Romauto e soprattutto Arca. Il colpo di scena era stato alimentato da un’eccezione sollevata dalle difese: i giudici felsinei, nell’accoglierla, avevano dichiarato la nullità del decreto di giudizio immediato e aveva ordinato la restituzione degli atti alla procura di Ravenna. Come dire che tutto sarebbe dovuto ripartire da capo, dalle notifiche alle parti. E invece nel tardo pomeriggio di venerdì la Cassazione ha riportato le lancette al 24 settembre 2018, giorno nel quale il processo per bancarotta si era chiuso in primo grado davanti al tribunale di Ravenna con due condanne: 10 anni e mezzo di carcere per l’immobiliarista Giuseppe Musca e 8 anni per la moglie commercialista Susi Ghiselli. E con un’assoluzione: per il figlio del primo, l’imprenditore Nicola Musca. La conferma è arrivata dall’avvocato Franco Moretti il quale, assieme al collega Luca Vettori dello studio Moretti & Fulco di Roma, assiste, quale parte civile, la curatela del fallimento Arca. Il caso era approdato davanti alla quinta sezione penale della Suprema Corte per effetto di due ricorsi: quello di Arca e quello del pm Lucrezia Ciriello, al tempo in forza alla procura di Ravenna e ora temporaneamente a Forlì.

In fondo una questione di legittimità procedurale: chi meglio dunque della Cassazione per risolverla. In sintesi, secondo la corte d’appello di Bologna, il fatto contestato nell’imputazione cautelare e quello del giudizio immediato, erano differenti. I giudici romani hanno invece ritenuto non calzante l’interpretazione dei colleghi bolognesi. Ora le motivazioni e poi il processo che ripartirà da Bologna, ma da altra sezione della corte d’appello. "Abbiamo accolto con grade soddisfazione questa sentenza – spiega l’avvocato Moretti -. Si tratta di un annullamento senza rinvio: come se la decisione in appello non ci fosse mai stata". E gli effetti pratici sono tutt’altro che di secondo piano: "Per il fallimento Arca, come curatela avevamo ottenuto una provvisionale subito esecutiva da 5,5 milioni e un sequestro conservativo: ora, con la sentenza della Cassazione, rivivono entrambi". L’avvocato ha espresso anche un rammarico legato al fatto che i termini della prescrizione non siano stati naturalmente sospesi dato che quanto accaduto non è certo attribuibile al comportamento degli imputati: "La decisione presa in appello e ora ritenuta totalmente infondata, ha sottratto più di un anno di tempo al plafond della prescrizione".

Andrea Colombari