Museo Risorgimento, avanti con nuove donazioni

E il 26 marzo s’inaugura una grande mostra su Napoleone. Il curatore Ghetti: "Un terzo dei visitatori viene da fuori città"

Migration

Formidabili quei mesi: il 2022 al Museo del Risorgimento e dell’Età contemporanea di Faenza è un inno ai quattrocento giorni più densi di rivolgimenti della storia della penisola, quel fatidico periodo compreso fra il marzo del 1796 e l’ottobre del 1797 coincidente con la prima campagna d’Italia condotta dall’Armée rivoluzionaria francese, che proiettò la nazione nella contemporaneità. Un’epoca in cui il pensiero illuminista e giacobino rivoluzionò il paese, dando vita prima alle repubbliche cisalpina e cispadana, e poi alla prima Repubblica Italiana, quella del 1802, che aveva come presidente lo stesso Napoleone. "Il 2022 al Museo del Risorgimento – promette il curatore Aldo Ghetti –, sarà dedicato alla riscoperta di Filippo Severoli, nostro concittadino che si fece onore sui campi di battaglia napoleonici al punto da essere ricordato, unico italiano, sull’Arco di Trionfo". Il desiderio di riscoprire l’epopea dell’Italia napoleonica è uno dei fermenti più vivi tra i frequentatori dei musei, destinato a crescere ancora in vista della prossima uscita del kolossal su Napoleone a firma di Ridley Scott.

Al Museo del Risorgimento e dell’Età contemporanea il trend è visibile da tempo: "Basti pensare che nel 2021, in cui siamo rimasti aperti per appena sette mesi, abbiamo contato 1.200 ingressi, dei quali il 30% riferiti a residenti di altre città – prosegue Ghetti –. Nel 2019, l’ultimo anno in cui fummo aperti per dodici mesi, ne contammo addirittura 5.300". Numeri che il museo intende presto replicare, forte anche di alcune donazioni particolarmente significative: "Penso soprattutto alla messe di materiale riguardante la seconda guerra mondiale arrivataci da Massimo Valli, o alla fisarmonica originale dell’800 approdata qui grazie all’impegno di Aldo Fabbri e Giordano Sangiorgi". Non è tutto: nella seconda metà del 2022 il museo conta di presentare al pubblico i più preziosi fra i nuovi arrivati nelle sue sale: "Mi riferisco a un salotto in stile liberty del 1905, donato dalla famiglia Codecà di Bologna, decorato da intarsi in legno che riproducono immagini tratte dalle opere d’arte di epoca Neoclassica e Risorgimentale. Contiamo di poterlo restaurare e mostrare al pubblico nei prossimi mesi: stiamo delineando un perimetro d’azione".

La mostra, organizzata in collaborazione con Bni Maioliche ed Emanuela Cantagalli, inaugurerà il 26 marzo; sarà l’occasione anche per ricordare i duecento anni dalla morte di Severoli e di Napoleone: fra le opere spiccano un ritratto di un allora meno che trentenne Bonaparte impegnato proprio nella campagna d’Italia, ma anche bandiere, costumi, vivandiere da battaglia, oltre a riproduzioni di elmetti utilizzati dall’Armée. Elementi i cui originali hanno attraversato alcune fra le battaglie più sanguinose della storia, ma sui quali spiccano le decorazioni in cuoio e tessuto, affiancate dall’immancabile coccarda tricolore giacobina. Severoli non è il solo legame della Romagna con Bonaparte: tre suoi nipoti ad esempio combatterono a Forlì insieme ai repubblicani italiani nei moti del 1831. "Un focus particolare sarà dedicato alla battaglia combattuta tra francesi e papalini sul Senio nel 1797 – entra nel dettaglio Ghetti –. Un evento centrale nella storia italiana, oggi raramente ricordato, sul quale vogliamo accendere spunti di riflessione".

Filippo Donati