Parco del Po, la denuncia di Legambiente. "L’ibis sacro è una specie dannosa"

"Sono predatori onnivori; si nutrono di anfibi, crostacei, piccoli roditori e uova di uccelli"

Ibis sacri vicino a Ravenna

Ibis sacri vicino a Ravenna

Ravenna, 2 maggio 2018 – Legambiente lancia un grido d’allarme. «L’Ibis sacro è un ospite sgradito nel Delta del Po. La fauna è autoctona minacciata dal predatore onnivoro».

Un tempo, l’Ibis sacro era molto diffuso in Egitto, dove era addirittura venerato ma, nel secolo scorso, si è estinto; oggi, è ampiamente distribuito in Africa sub sahariana ed è presente in Iraq sud orientale. «In Italia – si legge ina nota di Legambiente – e nel resto d’Europa (Francia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Grecia), tuttavia, questo uccello di palude,caratterizzato da un piumaggio uniformemente bianco e zampe, becco e coda nere, è considerato una specie aliena invasiva, a causa degli impatti su altre specie di uccelli. Per questo motivo, è stato inserito nella lista delle specie invasive di rilevanza unionale, che ha introdotto l’obbligo di controllo per tutti i Paesi europei, compreso il nostro».

«In Italia è entrato da poco in vigore il Decreto Legislativo 230, che adegua il nostro sistema al regolamento europeo 1143 sulle specie invasive, e descrive nel dettaglio ruoli e responsabilità», ha spiegato Alessandro Bratti, direttore generale dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nel corso del suo intervento. «Ispra ha un ruolo chiave nell’applicazione delle nuove prescrizioni e stiamo lavorando con il massimo impegno per dare supporto a tutti gli enti coinvolti. Non si può non affrontare il problema: come sanno bene regioni e parchi, le specie invasive causano anche gravi problemi alla salute e alle attività economiche dell’uomo. Uno studio realizzato anche da ricercatori dell’Ispra ha infatti stimato un costo, per l’Europa, superiore ai 12 miliardi di euro l’anno».

«Gli Ibis sacri – continua la nota di Legambiente – sono predatori onnivori; si nutrono di anfibi, crostacei, piccoli roditori, molluschi, pesci, lombrichi, insetti nonché uova e pulcini di altre specie di uccelli nativi come sterne, garzette, anatre, uccelli marini e uccelli di palude. Sono, pertanto, una seria minaccia per la fauna autoctona. Introdotta localmente per fini ornamentali (parchi e giardini zoologici), questa specie si è poi naturalizzata a seguito di fughe o rilasci. Ancora una volta è stato l’uomo il responsabile della sua diffusione».

Complessivamente, nell’area del Delta del Po ne sono stati marcati 74 (39 nidiacei e 35 soggetti volanti) in cinque diverse località. I primi sei nidiacei inanellati in Italia sono ibridi interspecifici con spatola africana (Platalea alba). La maggior parte delle osservazioni sono state effettuate a breve distanza dalla colonia di origine ma non mancano osservazioni di medio raggio (150 km) e di spostamenti di oltre 400 km dalla costa adriatica a quella tirrenica laziale. Ne sono stati visti anche poco lontani dal centro di Ravenna, dietro viale Alberti