Ravenna produce una montagna di rifiuti

Nel rapporto dell’Ispra la provincia è terza in Italia, fanno peggio solo Reggio Emilia e Rimini. Bassa la percentuale della differenziata

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di Filippo Donati

Un anno da buttare: il Rapporto sui rifiuti urbani, pubblicato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Ispra –, disegna uno scenario poco lusinghiero per la provincia di Ravenna, terza in Italia nel 2019, quindi l’anno scorso, in quanto a produzione di rifiuti pro capite, pari a 752 chilogrammi all’anno per abitante (in aumento rispetto ai 734 del 2018 e ai 714 del 2016). Solo Reggio Emilia e Rimini fanno peggio, issandosi rispettivamente a quota 774 e 754. Con questi numeri, hanno più volte fatto notare gli esperti, la sola raccolta differenziata non può essere sufficiente a ridurre la quantità di rifiuti non riciclabili prodotti.

Come se non bastasse, peraltro, nella provincia di Ravenna la percentuale di rifiuti differenziati continua a essere drammaticamente bassa, essendo pari ad appena il 58,2 per cento del totale. Va detto che in appena un anno Ravenna fa registrare un +4 per cento rispetto al 2018, non sufficiente tuttavia per scrollarsi di dosso l’ultima posizione in classifica fra le province dell’Emilia Romagna, dove si annoverano i casi virtuosi di Parma, Reggio Emilia e Ferrara, capaci di differenziare il 78 per cento, l’80 per cento e il 77 per centodei rifiuti.

Per Ravenna la strada è ancora lunga e irta di tornanti: percentuali simili non verranno raggiunte dall’oggi al domani, considerando che perfino le province più irreprensibili d’Italia non hanno fermato la loro corsa, aggiungendo anche nel 2019 alcuni punti percentuali in più rispetto a cifre già confortanti: è il caso di Belluno, passata dall’83 all’84% di differenziata.

Eppure, accelerare si può: lo prova il caso di Forlì-Cesena, che dal 2018 al 2019 è passata dal 56 al 65% di rifiuti urbani differenziati. Che fine la quota di rifiuti non differenziati, e dunque non riciclati? In questo i dati raccolti dall’Ispra sono regionali: il 9 per cento dei rifiuti prodotti da emiliani e romagnoli vengono smaltiti in discarica, pari a 62 kg all’anno per abitante. Nove chili in meno rispetto al 2018: un calo, però, segnala l’Ispra, "inflazionato dalla quota di rifiuti indirizzati fuori regione".

L’Emilia Romagna è la regione, dopo la Lombardia, in cui vengono inceneriti più rifiuti: nel solo 2019 più di un milione di tonnellate, suddivise fra otto impianti (in Lombardia quasi due milioni e mezzo in 13 impianti).

Il terzo passaggio della catena dei rifiuti, quello che coincide appunto con il riciclo, vede in generale l’Italia (in questo caso il dato è nazionale) piuttosto indietro: "dei rifiuti urbani trattati appena il 32% vengono destinati a riciclaggio, mentre il 23 per cento viene indirizzato verso compostaggio e "digestione"". La quota di riciclo totale è dunque pari al 55%: i due valori sono lontani da quelli delle prime della classe sia per quanto riguarda il riciclo (la Germania è al 50 per cento) che per il compostaggio (l’Austria domina col 33%).

È proprio la plastica ad essere meno riciclata: costituisce infatti appena il 5,2 per cento dei rifiuti riciclati in nord Italia, mentre ammonta all’11 per cento di quelli prodotti.

La mappa redatta dall’Ispra evidenzia poi come gli impianti di compostaggio, in Emilia Romagna, siano troppo pochi: meno di una decina, ossia neppure la metà di quelli attivi in Veneto, e meno di un terzo di quelli lombardi.