REDAZIONE RAVENNA

Riccardo Muti tra i detenuti di Port’Aurea

Il maestro ha partecipato al concerto della Cherubini e scambiato divertenti battute con gli ospiti della Casa circondariale .

La prima sera di apertura all’esterno della casa circondariale di Ravenna, dopo l’emergenza Covid, ha il suono delle note di Cajkovskij grazie ai giovani musicisti della Cherubini, e delle parole di Riccardo Muti, che seduto in prima fila con la moglie, Cristina Mazzavillani, non ha rinunciato, al termine del concerto, a parlare con i detenuti, a chiedere loro cosa pensassero della musica appena ascoltata, arrivando anche a ‘dirigerli’ quando uno di loro, timidamente, ha intonato, poi seguito dagli altri, Samarcanda di Roberto Vecchioni. Un appuntamento speciale quello dell’altra sera, perché si è svolto all’interno del carcere, ma anche perché ha segnato la prima tappa di un graduale ritorno alla normalità all’interno dell’istituto penitenziario di Ravenna, dove diventa normale ciò che altrove è straordinario, e cioè il continuo scambio e dialogo con il mondo esterno. Sei giovani musicisti della Cherubini, Riccardo Lui e Diana Perez Tedesco ai violini, Francesco Morello e Marco Gallina alle viole, Ilario Fantone e Matilde Michelozzi ai violoncelli hanno tenuto un concerto nel cortile per 51 detenuti e una settantina di ospiti. "Sono stati mesi difficili – ha spiegato la direttrice Carmela De Lorenzo – durante i quali il sistema penitenziario ha dovuto affrontare un’emergenza sanitaria, ma anche l’emergenza delle rivolte". Ha ricordato quello che è accaduto durante la pandemia in diversi carceri italiani. "Questo istituto non è stato interessato dai disordini, e sento di dover ringraziare tutto il personale penitenziario, a partire dal comandante Stefano Cesari, per aver gestito la situazione con grande acume, e grazie anche agli amministrativi, a tutti quelli che lavorano qui". Poi, ha rivolto lo sguardo alla zona del cortile dove erano seduti i detenuti. "E devo dare atto del grandissimo senso di responsabilità che hanno avuto loro – ha detto indicandoli – che in questi mesi hanno vissuto nella paura, nella preoccupazione per la salute loro e dei familiari. Hanno capito l’importanza delle limitazioni, prima tra tutte la rinuncia dei colloqui in presenza, che da febbraio si sono svolti solo attraverso videochiamate, e poi a maggio la ripresa graduale". Sembrava la serata dovesse finire lì quando, invitato dalla direttrice, Muti ha preso la parola, restituendo i ringraziamenti ricevuti. "Grazie a voi, perché se il luogo riflette questa armonia, è merito di chi conduce" ha osservato, poi si è complimentato con i musicisti. "Li ho scelti io e hanno suonato un pezzo difficile eseguendolo benissimo, con stile, piglio e partecipazione. Per questo spero trovino uno sbocco, nella vita, che gli consenta di vivere anche materialmente, della loro passione". Ed è stato allora, quando sembrava che la serata si stesse concludendo, che all’improvviso il maestro, microfono in mano, si è avvicinato ai detenuti. Ha chiesto se si erano divertiti, quale musica ascoltano, cosa gli piace. Ed è saltato fuori il nome di Nino D’Angelo. "Fammi sentire come fa il motivo" ha chiesto Muti, "guarda che io sono capace di farmi seguire da oltre 200 persone" ha aggiunto sorridendo di fronte alla reticenza, mista a timidezza, del ragazzo. Poi Vecchioni ha preso il posto di Nino D’Angelo e diversi detenuti hanno cominciato a intonare ‘Samarcanda’, diretti, e non poteva essere diversamente, dal maestro. Che li ha salutati con una promessa: "In autunno tornerò a trovarvi".

Annamaria Corrado