"Sale slot vicine a scuola, giusto lo stop"

Su viale Randi il Tar dà ragione al Comune contro una srl: "L’interesse pubblico è di rango superiore a quello del privato"

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I giochi ormai sono fatti, nulla va più. E se si trattasse di roulette, sarebbe probabilmente la celeberrima espressione usata dai croupier quella migliore per sintetizzare la vicenda definita nei giorni scorsi dal Tar di Bologna. Il tema è identico - il gioco d’azzardo - ma si sta parlando di una più prosaica sala slot-videolottery. Nello specifico, di quella di viale Randi 47 gestita dalla Cinquemilauno srl. I giudici amministrativi bolognesi hanno infatti dato ragione al Comune il quale aveva avviato la procedura per giungere alla chiusura della sala in ragione dell’applicazione dei divieti legati alle mappe dei cosiddetti luoghi sensibili. Si tratta di una lista lunghissima che in generale comprende anche istituti scolastici. Ma la questione è tutt’altro che scontata: anzi, gli stessi magistrati felsinei hanno valutato di compensare le spese di giudizio alla luce della "peculiarità e della particolare complessità della vicenda".

Per capire, occorre rifarsi al ricorso che la srl aveva proposto sia contro il Comune che nei confronti dell’istituto comprensivo statale Randi, non costituitosi in giudizio. Vi si chiedeva l’annullamento di tutti gli atti comunali avversi all’attività di sala a partire dalla deliberazione del consiglio comunale datata 10 aprile 2018 per concludere con il provvedimento con il quale il 16 dicembre scorso il Comune aveva respinto la richiesta della srl di revoca, in autotutela, della chiusura in viale Randi 47. Il braccio di ferro era cioè partito dalla mappatura dei luoghi sensibili presenti sul territorio comunale in applicazione della specifica norma regionale vergata per contrastare le ludopatie. Da lì era scattata l’intimazione a chiudere entro sei mesi seguita da un secco no alla richiesta della società a Palazzo Merlato di ritirare il provvedimento. Per la srl erano illegittimi tutti gli atti contro la sala di viale Randi, compresa la mappatura dei luoghi sensibili: un documento che, secondo il ricorso, avrebbe dovuto procedere con lo stesso iter (del cosiddetto "doppio binario") previsto per la pianificazione urbanistica. E che dire poi dei luoghi sensibili: non indicati in modo preciso - sempre secondo la srl - rispetto ai 500 metri di distanza minima prevista dalla legge. Il Comune non avrebbe inoltre indicato gli strumenti tecnici usati per misurare le distanze.

Da ultimo c’è la eventuale delocalizzazione entro sei mesi: ma come fare se - sulla base della consulenza tecnica allegata al ricorso - ben il 99,77% del territorio comunale ravennate "è indisponibile per l’insediamento di sale giochi di qualsiasi natura"? Per il tribunale invece la deliberazione sui luoghi sensibili è attuativa della "disciplina regionale della lotta alle ludopatie": quindi in ambito di tutela della salute, non assimilabile "agli atti di pianificazione urbanistica". In quanto al calcolo delle distanze, il Comune - si legge nella sentenza - "ha dichiarato di avere usato il criterio del doppio raggio", peraltro adottando accorgimenti per renderlo "raffrontabile al metodo del percorso pedonale più breve". In ogni modo il luogo sensibile - cioè l’istituto Randi - con entrambi i metodi risulta a una distanza "di gran lunga inferiore ai 500 metri". E infine in merito all’esiguo territorio potenzialmente disponibile per insediare sale giochi - lo 0,23% -, i giudici hanno ricordato come la legge, tutelando la salute, sia portatrice di un interesse pubblico "di rango superiore a quello del privato all’esercizio dell’attività di gioco". Il fatto che comunque esita un po’ di territorio disponibile, esclude quell’ "effetto espulsivo" per tutti i gestori di sale slot paventato dalla società che aveva fatto ricorso. I giochi insomma sono fatti, almeno fino a un eventuale ricorso al consiglio di Stato.

Andrea Colombari