Sara Errani interrogata in Procura per i tortellini al doping

La tennista di Massa ha ribadito l’involontarietà dell’assunzione di letrozolo

Sara Errani

Sara Errani

Ravenna, 1 febbraio 2019 - Il caso è balzato alle cronache come quello dei tortellini al doping. Una pillola finita sul tavolo della cucina, e da qui nel ripieno. Sara Errani, l’avrebbe così ingerita senza rendersene conto. E ieri mattina è comparsa in Procura a Ravenna, dove rispondendo alle domande del Pm Cristina D’Aniello avrebbe in buona sostanza ribadito la tesi dell’assunzione involontaria di letrozolo. Doping, per la giustizia sportiva, che l’ha costretta a lasciare la racchetta nell’armadietto per dieci mesi, squalifica già scontata ma l’amarezza fu tale che paventò l’idea di un ritiro definitivo.

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Ma anche per quella penale, che lo scorso anno l’aveva vista finire nel registro degli indagati ai sensi di una nuova normativa che, ricalcando la legge antidoping del 2000, punisce l’utilizzo o la somministrazione di farmaci e altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche. L’articolo 586 bis che prevede fino a tre anni di reclusione. La tennista era già stata sentita dal Nas di Bologna, sempre su delega della Procura, che ha svolto le indagini unitamente alla sezione antidoping di Roma.

La campionessa nativa di Bologna e cresciuta in Romagna è arrivata a palazzo di giustizia intorno alle 10.30, accompagnata dal proprio legale, l’avvocato Ciro Pellegrino del foro di Roma. A Ravenna perché l’assunzione è avvenuta nella casa di Massa Lombarda. L’interrogatorio è durato circa un’ora. Il tempo necessario per tentare di convincere il pubblico ministero che si trattò di un’incredibile concomitanza, e cercare così di ottenere una richiesta di archiviazione.

L’accusa è quella di avere assunto letrozolo, uno dei farmaci compresi nelle classi vietate, la cui assunzione non giustificata da situazioni patologiche sarebbe stata idonea a migliorarne le prestazioni agonistiche in quanto modulatore ormonale e metabolico. «Non ho mai assunto sostanze proibite», ha sempre detto la finalista di Roland Garros 2012, che saltuariamente frequenta la casa di Massa Lombarda ma vive all’estero. Per chi era, dunque, quella pillola? Si trattava di una compressa di Femara, un medicinale col quale da anni mamma Fulvia curava una seria patologia.

Nel corpo di Sara ci sarebbe entrata accidentalmente con un piatto di tortellini in brodo che la madre stessa le aveva preparato un giorno di metà febbraio del 2017. Il test fu effettuato pochi giorni dopo e nelle urine della ‘Cichi’ fu trovata la sostanza proibita che portò la procura nazionale antidoping ad appellare l’iniziale squalifica dei due mesi inflitta dalla Federtennis ritenendola troppo mite. Automaticamente era poi scattata anche l’inchiesta penale, arrivata ieri a un capitolo importante con l’interrogatorio dell’indagata.