REDAZIONE RAVENNA

Si gettò con figlia e cagnolina. Chiesto il rinvio a giudizio di Giulia. A febbraio l’udienza preliminare

La donna deve rispondere di omicidio pluriaggravato e di uccisione di animale. Sull’esito incombe il parere dello psichiatra: incapace d’intendere e volere e socialmente pericolosa.

La donna deve rispondere di omicidio pluriaggravato e di uccisione di animale. Sull’esito incombe il parere dello psichiatra: incapace d’intendere e volere e socialmente pericolosa.

La donna deve rispondere di omicidio pluriaggravato e di uccisione di animale. Sull’esito incombe il parere dello psichiatra: incapace d’intendere e volere e socialmente pericolosa.

La procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Giulia Lavatura Truninger, la 41enne che che la mattina dell’8 gennaio 2024 si era lanciata con la sua bimba Wendy di sei anni e la cagnolina Jessy dal loro appartamento al nono piano di un condominio di via Dradi. Un volo di quasi 30 metri al termine del quale la piccola e la bestiola erano morte sul colpo mentre la donna si era salvata. Nell’udienza preliminare fissata per metà febbraio, la donna dovrà rispondere di omicidio pluriaggravato e di uccisione di animale.

Sull’esito dell’udienza - e anche su quella che sarà la richiesta del pm titolare del fascicolo Stefano Stargiotti -, pende quanto l’11 ottobre scorso in aula davanti al gip Andrea Galanti aveva riferito lo psichiatra Gabriele Braccini, nominato dal tribunale, in merito alle condizioni della donna: incapace di intendere e volere e socialmente pericolosa. Una conclusione che, come tale, apre potenzialmente a questo scenario: un non luogo a procedere con libertà vigilata in una struttura protetta, là dove la donna si trova ora. Nell’udienza preliminare, oltre all’avocato difensore Massimo Ricci Maccarini, potrà essere presente anche il legale Massimo Moriglioni che tutela il marito dell’accusata e padre della bimba defunta.

Già a suo tempo in sede di convalida dell’arresto eseguito dalla polizia, il gip Galanti aveva individuato nelle condizioni della donna - sia la sua capacità che la sua pericolosità sociale -, il nodo giuridico della vicenda. In particolare aveva messo in luce un "concreto e attuale pericolo di reiterazione" con la conseguente necessità di proteggere sia chi in futuro le si dovesse trovare accanto che lei "da se stessa" alla luce di "un male interiore profondo e radicato". Per quanto riguarda la dinamica degli eventi, l’unica perplessità in prima battuta era stata individuata nella sopravvivenza della 41enne: come era stato cioè possibile che, "schiantandosi al suolo" da una simile altezza, potesse "essersi ferita in modo tutt’altro che fatale?".

La spiegazione più plausibile sta forse nelle impalcature e nelle reti di protezione che circondavano in quei giorni lo stabile e che potrebbero avere attutito la caduta della 41enne proiettandola però verso una punizione di gran lunga superiore della morte: ovvero sopravvivere alla figlioletta.

Per il resto, secondo le verifiche della squadra Mobile la donna da almeno una decina d’anni era seguita dal centro di salute mentale. Lei stessa a suo tempo, nell’interrogatorio davanti al pm, spiegando di avere maturato la decisione del gesto estremo dal 22 dicembre 2023, non aveva fatto mistero di avere smesso negli ultimi giorni con le medicine perché "mi creavano un gran tremore alle mani".

Andrea Colombari