REDAZIONE RAVENNA

Stalking per la figlia: "Mai molestato, minacciato o insultato i genitori affidatari"

La minore era stata data in affido da piccola e dal 2021 non sente i nonni e il padre. Nel processo per atti persecutori e diffamazione hanno preso la parola i due uomini alla sbarra.

L’esterno del palazzo di giustizia di Ravenna

L’esterno del palazzo di giustizia di Ravenna

Hanno negato sia le minacce che comportamenti troppo petulanti: il loro obbiettivo era solo quello di potere rivedere la ragazzina dopo anni di assenza. Gli imputati sono il padre e il nonno naturali della minore. Le parti offese, i genitori affidatari. L’accusa è di stalking e diffamazione. Uguale a intrusioni e richieste di chiarimenti condite a un certo punto da frasi esplicite sui social a partire dal 2021. Ieri mattina davanti al giudice Federica Lipovsceck e al viceprocuratore onorario (vpo) Adolfo Fabiani, sono stati gli imputati a riferire ciò che, almeno a loro avviso, era accaduto con la famiglia affidataria della bimba. A partire dall’episodio verificatosi il 30 luglio 2022 a Marina di Ravenna quando andarono alla ricerca dei genitori affidatari (esperienza ripetuta anche l’8 agosto successivo).

"Volevamo solo vedere nostra nipote, non volevano fare nulla - ha precisato il nonno, un ultrasettantenne ravennate -. Un loro amico lì chiamò: e così si nascosero dentro alla barca, poi gli addetti al pontile ci cacciarono. Ma noi eravamo entrati da un cancello aperto". Sul punto, la difesa ha depositato un video della durata di 30 minuti realizzato quel giorno. Con la nipote "dal 2021 non ci sono mai più stati rapporti telefonici". E in quanto al padre affidatario, "so dove lavora: quando eravamo in buoni rapporti, ci siamo andati, poi mai più. Comunque non li abbiamo mai ingiuriati o minacciati".

Il padre naturale, un ravennate ultracinquantenne, in spontanee dichiarazioni ha ribadito che è da "marzo 2021 che non vedo mia figlia e senza avere fatto nulla". Il giudice a questo punto ha sottolineato che comunque lui ha "tre pagine di casellario". L’uomo ha insistito: "Gli incontri sono andati tutti bene. Me l’hanno tolta perché lei in una lettera ha chiesto aiuto: voleva una mano perché non si trovava a suo agio nella famiglia affidataria".

La nonna - anche lei ravennate, ultrasettantenne - ha ricordato di averla "svezzata dai 3 mesi ai 4 anni e mezzo: è molto legata a me. Ai 6 mesi la portai all’asilo. Poi fu data agli affidatari. È andata bene fino al 2015". Fino a che i servizi sociali "mi dissero che dovevano distanziare da 8 a 15 giorni i colloqui perché gli affidatari avevano bisogno di più spazio. Una volta lei mi disse in lacrime nel 2021: ’non ti chiamo più perché non voglio problemi’. E un bel momento non mi rispose più. Una domenica mi risponde l’affidatario: ’tu ti devi fare curare’, mi dice. Poi me la passa e le dice di fare basta col telefono. Lei era terrorizzata da lui".

La nonna ha anche ricordato che la madre naturale, che a suo dire poteva avere problemi personali, si era fatta di nebbia dopo la nascita, e così era toccato a loro occuparsene: "Siamo stati nonni perfetti, le abbiamo dato l’anima. Loro stanno giocando sulla pelle di mia nipote, la stanno trattando come un oggetto. Lei mi ha lasciato un sacco di biglietti: ’non mi abbandonare, sono la tua bimba’. Io l’ho sempre coccolata, era la principessa dell’asilo. È molto legata a me: ma si è bloccato tutto da quando scrisse quella lettera" in cui lamentava disagi con gli affidatari". La teste a un certo punto ha iniziato a leggere i biglietti a suo dire della nipote: il giudice l’ha però interrotta spiegando di non avere "nessuna intenzione di fare un processo civile". E aggiungendo poi che è "ormai pacifico il fatto che si era creata una situazione di attrito con gli affidatari" e che "da questo processo esula il contenzioso civilistico" il quale "al massimo potrebbe essere stato causa scatenante".

A fine dell’udienza, la difesa ha chiesto e ottenuto la revoca della misura cautelare (il divieto di avvicinamento, nel caso del padre naturale anche con applicazione del braccialetto elettronico) che pendeva sui due imputati. Il vpo si è opposto sulla base di un’annotazione della polizia datata 28 luglio scorso secondo cui il padre della minore era andato in questura tra le altre cose pronunciando minacce nei confronti di un uomo: non si tratta però del padre affidatario. E così il giudice, "rilevato che pur essendo indubbio il carattere violento dell’imputato peraltro come attestato da nutrito casellario giudiziale in atti" ma "considerato il tempo decorso dall’applicazione della misura" e il fatto che "le minacce attengono a fatti e persone diverse", l’ha revocata.

Andrea Colombari