Totò e i suoi cani Un monito contro gli abbandoni

Totò amava i cani: l'abbandono di animali domestici durante le vacanze è una vigliaccata che va ricordata. Paternità responsabile: le nostre azioni implicano responsabilità, anche nelle ferie.

di Paolo Casadio

Totò amava i cani. In un’intervista a Oriana Fallaci disse di mantenere duecentoventi cani. Alla curiosità della giornalista che gli chiese che se ne facesse di tanti cani, rispose: "Me ne faccio, signorina mia, me ne faccio. Un cane vale più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato lo stesso, lei non gli dà da mangiare e lui le vuol bene lo stesso, lei lo abbandona e lui le resta fedele lo stesso. Il cane è un Signore, tutto il contrario del genere umano. Io mangio più volentieri con un cane che con un uomo". Ecco, il pensiero del grande attore napoletano – pensiero caustico come il suo carattere – va ricordato proprio in questo periodo che, purtroppo anche qui da noi, vede la vigliaccata dell’abbandono degli animali domestici.

Oggi, si sa, cani e gatti sono assai diffusi nelle famiglie: riducono la sensazione di solitudine, soddisfano il desiderio di amare e soprattutto d’esser amati. Chi apprezza la compagnia di un animale domestico mai prenderebbe in considerazione la possibilità di abbandonarlo, percependolo a tutti gli effetti un membro familiare, un fedele compagno di vita, un amico. Eppure accade, e per una motivazione che definire meschina è riduttivo: le ferie. L’animale diventa un oggetto impegnativo che limita i movimenti, l’accesso alle strutture, la fruizione degli spazi, e allora la via più facile è smaltirlo in strada. Una località lontana da casa, in modo che non possa ritrovare l’orientamento per il ritorno, magari legato a un palo o un guard-rail per maggior sicurezza ma non sua: del vile che l’abbandona. Allora sappiate che per l’animale, posto che riesca a schivare la morte per investimento, è l’inizio di un calvario di sofferenza che ne vede la segregazione in strutture di ricovero, ambienti sconosciuti dove il cambiamento di abitudini e l’isolamento sociale ne modificheranno il carattere in modo permanente.

Solo il 45% di loro troveranno una nuova famiglia disposta ad adottarli e offrirgli la possibilità di una nuova vita. I rimanenti invecchieranno e moriranno soli. Come non s’abbandona un figlio, come non s’abbandona un familiare, neppure s’abbandona un cane o un gatto. Si chiama "paternità responsabile". Oh sì, la responsabilità, questo concetto morale ormai logoro e desueto, di cui pare nessuno voglia esercitarne esempio. Tutte le nostre azioni implicano responsabilità, cerchiamo di non dimenticarlo. Anche nelle ferie.