SETTIMO BAISI
Cronaca

Alpinisti morti sull'Appennino reggiano: si cercano i ramponi

Pezzi (Soccorso alpino): "Ma non è detto che appartenesse ai due ragazzi Il loro equipaggiamento è andato disperso a monte, durante la caduta"

Il luogo del ritrovamento

Il luogo del ritrovamento

Reggio Emilia, 15 marzo 2021 - La tragedia del Casarola ha raggelato la montagna. Mentre nei giorni scorsi, nonostante le limitazioni dovute al Covid, escursionisti e scialpinisti hanno continuato a frequentare le vette dell’alto Appennino, dal Cusna al Casarola e all’Alpe di Succiso, ieri, un po’ per il tempo incerto ma soprattutto per l’eco della tragedia di sabato, non c’era nessuno. Non sarà facile stabilire le cause dell’incidente, al vaglio dei carabinieri intervenuti coi tecnici del Soccorso Alpino, anche perché non c’è stata una testimonianza diretta dell’accaduto e i soccorritori si sono trovati di fronte ad uno scenario devastante: i due giovani erano scivolati per oltre 300 metri in fondo a canaloni ripidi con ghiaccio e 2 metri di neve gelata, rocce e crepacci. "Durante la bonifica abbiamo trovato solo un ramponcino - afferma Luca Pezzi, responsabile del Soccorso Alpino Stazione Monte Cusna - ma non è un elemento di certezza, chiunque lo può aver perso. In queste situazioni si usano i ramponi, non i ramponcini e tutti gli escursionisti lo sanno, però non abbiamo trovato nulla da poter stabilire quale fosse il loro equipaggio e attrezzatura. Noi ci siamo preoccupati di recuperare i corpi dei due giovani, bonificando tutta l’area attorno. Non abbiamo bonificata la zona alta perché, considerato il versante molto impervio e ghiacciato, sarebbe stato rischioso e soprattutto inutile, dal momento che i corpi erano a valle. E’ stato un intervento difficile che i volontari del Soccorso Alpino hanno svolto con competenza". Dario Torri, presidente della cooperativa ‘Valle dei Cavalieri’ di Succiso, con 30 anni di volontario del Soccorso Alpino, conosce perfettamente tutte le ‘pieghe’ del crinale dell’Appennino reggiano. "Ho sentito anch’io parlare di ramponcini, ma non ci credo – afferma Torri – perché chiunque abbia un minimo di esperienza, per affrontare questi percorsi con neve gelata e ghiaccio, mette i ramponi. Quelli che vendono i ramponcini, che si attaccano anche alle calzature normali, dovrebbero avvertire i loro clienti dicendo che quelli servono per passeggiate nel piano, non in montagna. D’altronde gli incidenti mortali nelle nostre montagna sono sempre avvenuti, se facciamo i conti in 30 anni avremo avuto 15/20 morti fra cui anche esperti escursionisti. Ricordo che anche la prima guida alpina dell’Emilia Romagna è morta sull’Alpe di Succiso e così molti tra cui due fratelli. Per percorrere i sentieri dei nostri monti, in questo periodo sono indispensabili ramponi, piccozza, casco e artva sempre. Bisogna però avere anche il coraggio, quando si arriva in alto e ci si trova in difficoltà per condizioni meteo o qualsiasi altro motivo, di rinunciare alla vetta e tornare indietro. Si sa che l’escursionista vuole arrivare in cima, non si arrende neppure alle difficoltà, però è meglio fermarsi piuttosto che rischiare la vita". In questa stagione invernale, in cui molti ritrovano in montagna il contatto con la natura tra ristrettezze della pandemia, sono stati particolarmente numerosi gli incidenti che hanno richiesto l’intervento dei volontari del Soccorso Alpino.