Caso Pedrazzini, la vedova ora non ha soldi

L’avvocato: "Figlia e genero protestano, ma anche Marta ha fatto la spesa a debito. Movente economico? Per la moglie della vittima non regge"

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"Sento che la figlia e il genero lamentano problemi, ma ora anche Marta Ghilardini si trova in difficoltà economica". A puntualizzarlo è l’avvocato Rita Gilioli, che difende la 63enne vedova di Giuseppe Pedrazzini, l’anziano trovato morto nel pozzo vicino alla sua casa di Cerrè Marabino, frazione di Toano. Lei, la figlia Silvia Pedrazzini e suo marito Riccardo Guida sono indagati per omicidio, sequestro di persona, soppressione di cadavere e truffa ai danni dello Stato.

Davanti al pm Piera Cristina Giannusa, titolare dell’inchiesta, Ghilardini ha riferito che il marito 77enne sarebbe stato segregato in casa da gennaio all’8 marzo, data che lei indica come quella della sua morte, avvenuta a suo dire in modo naturale e tra le pareti domestiche. Quella sera stessa, ha riferito, la figlia e il genero avrebbero avvolto il cadavere in un lenzuolo per poi buttarlo nel pozzo e ricoprirlo con la lastra di pietra usata per evitare che qualcuno cadesse dentro. I due parenti stretti, attraverso il loro avvocato Ernesto D’Andrea, hanno ribadito di rigettare ogni accusa. I fari sono accesi su possibili questioni legate al denaro. La famiglia avrebbe continuato a percepire la pensione dell’anziano nonostante sapesse che era già morto – da qui l’ipotesi di reato di truffa –, ma non solo.

Silvia e Riccardo non avrebbero potuto contare su entrate sufficienti per essere autonomi. Gli attrezzi agricoli del 77enne erano stati messi in vendita, così come i terreni – valore 120mila euro – per i quali la figlia stava facendo trattative con potenziali clienti il 30 marzo, tre settimane dopo la presunta data di morte del padre. "Per Ghilardini non regge l’idea di un movente economico. Poteva forse avere una sudditanza verso il genero Riccardo, questo sì – afferma l’avvocato Gilioli –. Lei aveva immobili e terreni intestati, e aveva una pensione di circa 850 euro con la quale aiutava la figlia e il genero. La mia assistita aveva un conto corrente unico cointestato col marito, su cui era autorizzata a operare anche Silvia. A lei davano un po’ di soldi e il resto lo gestivano i genitori".

Dopo l’avvio delle indagini e il sequestro della casa e della Fiat Panda, anche la 63enne si troverebbe in difficoltà: "La figlia e il genero le hanno preso il bancomat e l’altra auto, la Bmw, che era intestata a Giuseppe Pedrazzini. Quindi la moglie avrebbe avuto maggiore diritto degli altri due di poter usufruire della macchina. Ghilardini è rimasta senza soldi: in questi giorni ha fatto la spesa a debito, senza riuscire a pagare. Non sappiamo se sia rimasto qualcosa sul suo conto corrente, perché gli altri possono fare prelievi. Sappiamo che la pensione della donna le è stata accreditata ieri (mercoledì, ndr) e abbiamo presentato un’istanza, accolta, per fare un prelievo bancario".

Intanto in un’intervista alla Vita in diretta Marta Ghilardini ha riferito che dopo la confessione agli inquirenti "le persone mi hanno fatto le condoglianze e i miei vicini mi hanno chiesto scusa".

Alessandra Codeluppi