"Condotta deplorevole, ma non c’è reato"

Ecco perché il gup Dario De Luca ha assolto i due giovani che filmarono in discoteca il portiere granata Voltolini e la fidanzata

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di Alessandra Codeluppi

Sulla responsabilità materiale "non vi sono dubbi", secondo il giudice di primo grado: "Gli autori del video e della sua diffusione sono stati gli imputati, in concorso". Ma per loro il gup Dario De Luca, all’esito del rito abbreviato, ha pronunciato l’assoluzione "perché il fatto non sussiste": la loro condotta non si può inquadrare, secondo il giudice, nel ‘Revenge porn’. Gli imputati sono due giovani, un reggiano 24enne e un ferrarese 25enne che si era trasferito nella nostra città per giocare a basket (non nella Pallacanestro Reggiana): furono individuati dalla Digos come coloro che filmarono col cellulare il portiere della Reggiana calcio Matteo Voltolini e la sua fidanzata mentre amoreggiavano nel bagno di una discoteca. Il file che immortalava il momento di intimità divenne virale. Per quel fatto, avvenuto il 18 novembre 2019, Voltolini pagò anche con la sospensione per una settimana dalla squadra. Per i due ragazzi, accusati di interferenze illecite nella vita privata e diffusione illegale di immagini sessualmente esplicite, il pm Iacopo Berardi aveva proposto l’estinzione del reato per condotta riparatoria, alla luce dell’offerta economica fatta dagli imputati, 10mila in luglio più altri 10mila nel processo, che le parti civili, rappresentate dagli avvocati Giulio Cesare Bonazzi e Simona Magnani, hanno rifiutato.

Perché è scattata l’assoluzione? È stata accolta una tesi sostenuta dagli avvocati difensori del reggiano, Domenico Giovanardi e Nazzarena Stanzani: il gup afferma che "il bagno di un locale pubblico non può essere considerato un luogo di privata dimora, ai sensi del reato di violazione di domicilio". Il giovane, che si diceva estraneo, non è stato ritenuto credibile. Mentre il 25enne di Ferrara, assistito dall’avvocato Alberto Bova, aveva ammesso: "Sono dispiaciuto. Ho condiviso il video nella chat della squadra, senza pensarci, meccanicamente come faccio con tutti i video che ogni giorno girano su whatsapp".

Il gup premette di dover fare "un discorso più articolato", invece, per la seconda contestazione, sulla diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite. Il giudice ricorda che il legislatore ha stabilito due condizioni perché la condotta abbia rilevanza penale. In questo caso ne riconosce una, cioè "la mancanza del consenso delle persone rappresentate" nel video: "Prova ne è la querela da loro sporta".

Ma non la seconda, ovvero che il materiale "sia destinato a rimanere privato". Analizzando il Codice rosso, che ha introdotto l’articolo 612 ter, a proposito del ‘Revenge porn’, il giudice rimarca che la disciplina "conferisce valore penale solo a quelle ipotesi in cui la diffusione riguarda materiale precedentemente condiviso o realizzato dalla coppia all’interno del contesto relazionale. Quando cessa il rapporto di fiducia, è elevato il pericolo che quel materiale sia usato a scopo ritorsivo": ecco perché il legislatore "ha deciso di introdurre una mirata sanzione per arginare questo fenomeno".

Il gup ne deduce che "al contrario, ogni condotta che ha ad oggetto la diffusione di materiale realizzato e acquisito da un terzo, come nell’odierna vicenda, che evidentemente non faccia parte del contesto relazionale, allo stato non riveste alcuna rilevanza penale". De Luca individua una sorta di vuoto normativo: "È sempre possibile che, per il futuro, intervenga sul punto il legislatore, ampliando la sfera di penale rilevanza fino a tutelare condotte come questa". Ma oggi non si può farlo: "Sarebbe un’operazione ermeneutica oltremodo scorretta, in violazione dell’articolo 14 preleggi che sancisce la tassatività delle norme penali, vietando l’analogia". E conclude che, "per quanto la condotta degli imputati sia deplorevole, decisamente censurabile e gravemente pregiudizievole per le parti offese sotto altri profili, la condotta contestata non riveste rilevanza penale".