Covid, in terapia intensiva a 17 anni a Reggio Emilia. "Non aveva altre patologie"

Il dottor Angelo Ghirarduzzi ha seguito il ragazzo: "Stava bene, con questo virus rischiano anche le persone sane"

Terapia intensiva

Terapia intensiva

Reggio Emilia, 25 luglio 2021 - «Sono molto più alte le percentuali di infettarsi e di avere complicanze polmonari, rispetto a quelle – molto basse – di problemi post vaccino. Il rischio di infezioni ed embolie polmonari resta alto se contagiati, ma il vaccino protegge in maniera significativa rispetto alle complicanze". Messaggio forte e chiaro. Un vero e proprio invito accorato quello del dottor Angelo Ghirarduzzi, responsabile medicina cardiovascolare dell’ospedale Santa Maria, il quale in questi giorni ha seguito come consulente il caso del 17enne ricoverato in terapia intensiva dopo aver contratto il Covid. Il ragazzo è in miglioramento: venerdì è stato trasferito nel reparto di pneumologia e nei prossimi giorni dovrebbe passare in un’area meno intensiva. Salvo complicazioni, presto sarà decretato fuori pericolo.

Covid Reggio Emilia: ragazzo di 17 anni in rianimazione

Dottor Ghirarduzzi, il caso del 17enne in un momento di ‘tensione allentata’ ci richiama all’ordine. Vuol dire che la pandemia, seppur con numeri ‘bassi’ o ‘controllati’, non è affatto finita. Si tende a pensare che se un giovane ha complicanze, sia dovuto a patologie pregresse...

"Non voglio entrare nella privacy del paziente, ma dico solo che non aveva patologie pregresse. Anzi, nella maggior parte dei casi abbiamo riscontrato che le difficoltà le hanno quasi più le persone sane".

Questo cosa deve insegnarci?

Che non possiamo ignorare che la pandemia ci sia ancora. Bisogna proteggersi con la mascherina, rispettare le normative e soprattutto vaccinarsi. Guardate, questo ragazzo sta meglio e ora le cose stanno andando verso una soluzione positiva. Ma a volte basta una diagnosi ritardata anche solo di 24 ore affinché la situazione non volga favorevolmente...".

A questo punto sarebbe necessario vaccinare anche i minorenni? "Ci sono svariate posizioni a livello medico internazionale sul tema. Io non mi porrei problemi dai 18 anni in su. La questione della fascia 16-17 anni è ancora sub-iudice. Ma credo sia molto più conveniente fare il vaccino, piuttosto che non farlo".

Lei è tutto i giorni in ospedale e ha una percezione reale. Siete preoccupati dell’escalation di casi nell’ultima settimana? "La preoccupazione è moderata. Da una parte vediamo crescere la percentuale di tamponi positivi e quindi il rischio di infettarsi che è dettato in gran parte da quella buona, troppa ahimè, fetta di popolazione non vaccinata che ha paure immotivate. Dall’altra però il tasso di ospedalizzazione è abbastanza tranquillizzante. Non siamo a quel livello di emergenza tale da dover convertire letti o reparti da adibire per il Covid. Ma la preoccupazione si fa notevole se penso a un aspetto: per quasi un anno e mezzo abbiamo faticato a fronteggiare le patologie no-Covid. Ora stiamo entrando in una fase di recupero e di normalizzazione, tornare indietro sarebbe disastroso. Questo pensiero condiziona la nostra ansia. Questa è una malattia nuova e anche se abbiamo imparato a conoscerla, poco sappiamo ancora degli sviluppi futuri".