"Reggio Emilia, il boss della droga abitava nella casa dell'incendio"

Hysi Banush, arrestato nell'ambio dell'operazione Rexit, è un inquilino di via Turri

Reggio Emilia, il boss della droga delle Reggiane abitava in via Turri (foto Artioli)

Reggio Emilia, il boss della droga delle Reggiane abitava in via Turri (foto Artioli)

Reggio Emilia, 12 dicembre 2918  – Al vertice dell’organizzazione piramidale dello spaccio di droga a Reggio Emilia, smantellata dalla polizia di Stato grazie all’operazione "Rexit", c’era Hysi Banush, albanese di 41 anni che abitava in via Turri al civico 33. Proprio nello stesso palazzo andato a fuoco domenica notte provocando due morti e 38 intossicati, tra cui c’era anche lo stesso uomo assieme alla sua famiglia. Ma dopo le dimissioni in ospedale il giorno successivo al rogo, è finito in manette nella notte. Al momento gli investigatori definiscono la circostanza una “casualità”, ma sono in corso accertamenti e perquisizioni da parte della scientifica di Reggio, Bologna e Roma per capire se nelle cantine da cui si sono originate le fiamme possano esserci eventuali tracce di droga.

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Secondo gli inquirenti era Banush a muovere chili di eroina in tutta la città. Da lui, considerato il top per l’eroina in città, grazie ai due “bracci destri” magrebini, Ibrahim Messaoudi e Karim Belsaid, gli etti di droga venivano smistati a catena ad altri acquirenti che poi vendevano all’ingrosso le sostanze fino ad arrivare ai pusher di strada. 

Il taglio delle sostanze – secondo le ricostruzioni e grazie anche alle 144mila conversazioni intercettate, avveniva alle ex Reggiane, con 1,5 chili di eroina che veniva moltiplicata anche in 10 chilogrammi. L’intenzione era quella di trasformare l’area in una piazza di spaccio modello “le vele” di Scampia a Napoli. Al momento però non è stato possibile formulare un ipotesi di reato di tipo associativo negli 888 capi d'imputazione dell'inchiesta. "Si tratta più di una cooperativa in cui ci si aiuta", ha precisato Guglielmo Battisti, capo della squadra mobile che ha condotto le indagini coordinate dal pm Giacomo Forte, con la sovrintendenza speciale del procuratore capo di Reggio, Marco Mescolini e dal questore Antonio Sbordone.