Il testamento di Agazzani "Alberto lo diceva sempre Mi avrebbe nominato suo erede"

L’ex vicesindaco di Guastalla Marco Lusetti è a processo: avrebbe fatto pubblicare un documento falso. Ascoltato in aula per tre ore, ha raccontato il rapporto d’amicizia col critico morto nel 2015 .

Il testamento di Agazzani  "Alberto lo diceva sempre  Mi avrebbe nominato suo erede"

Il testamento di Agazzani "Alberto lo diceva sempre Mi avrebbe nominato suo erede"

"Non mi ha mai sfiorato l’idea che quel testamento fosse falso. Alberto anche in tempi precedenti aveva detto chiaramente che mi avrebbe nominato come suo erede".

Si difende. Rintuzza. Spiega e pur tra alquanti ‘non ricordo’, Marco Lusetti dà la su versione sull’autenticità del testamento che il noto critico d’arte Alberto Agazzani avrebbe scritto nominandolo come erede universale, la dà.

Lusetti, ex vicesindaco di Guastalla, è imputato per falso in testamento olografo e truffa a proposito di un atto - la cui validità è contestata dalla Procura - contenente le ultime volontà di Agazzani, che si tolse la vita a 48 anni, il 15 novembre 2015, nel suo appartamento di via Farini.

La sua firma sarebbe stata ritenuta falsa dalla grafologa nominata dalla procura – la titolare del fascicolo è la dottoressa Maria Rita Pantani, che è anche pubblico ministero nel processo – per esaminare il documento. Secondo la Procura, Lusetti avrebbe poi compiuto una truffa portando il testamento davanti al notaio Giorgia Manzini per la pubblicazione, inducendo in errore sia lei, sia gli eredi fino a quel momento ritenuti legittimi. Lusetti, nelle oltre tre ore al banco dei testimoni nell’aula presieduta dal giudice Matteo Gambarati, ha ripercorso il rapporto di forte amicizia che si era creato tra Agazzani, lui stesso e l’altro amico stretto, Carlo Malvolti, evidenziando anche il rapporto con il fidanzato del critico d’arte Andrea Bertolini, nonché la precaria situazione economica in cui versava l’ex critico d’arte. Ma il focus si è incentrato sulla questione oggetto del processo: l’autenticità di quel documento. Il suo ritrovamento. "Quando l’ho trovato? Due, tre settimane dopo la sua morte in un libro che avevo a casa mia a Reggio e che mi aveva dato Alberto tempo prima – spiega Lusetti -. Cosa ho fatto quando l’ho ritrovato? L’ho letto, ovviamente. Se ho avuto dubbi sull’autenticità? No. Alberto aveva più volte detto che mi avrebbe nominato suo erede. Quindi per me quel contenuto era qualcosa di già conosciuto. Con chi ne parlai? Probabilmente con Carlo (Malvolti, ndr) che avvisai, quasi certamente per telefono. Cosa decidemmo di fare? Di pubblicarlo". Dal notaio.

Lo fecero, rivolgendosi al notaio Giorgia Manzini, conosciuta sia a Lusetti che a Malvolti, secondo quanto ricostruito in aula dall’ex vicesindaco di Guastalla, in quanto alle cene organizzate da Agazzani partecipava anche il marito di lei (deceduto recentemente). Il notaio ha sollevato dubbi sull’autenticità? Chiede in sede di (contro) esame l’avvocato difensore Erica Romani: "Da quanto ricordi il notaio non sollevò dubbi sull’autenticità del testamento", risponde Lusetti.

Il saggio grafico. Il pm Pantani chiede, in chiusura, a Lusetti perché non si sia sottoposto al saggio grafico: "Perché avevate tutti i documenti, ancora sotto sequestro, necessari per compiere una comparazione grafica – risponde Lusetti -. Inoltre anche in fase di istruttoria mi è stato chiesto di scrivere delle cose proprio per fornire il tratto della mia calligrafia, che ho diligentemente fatto". Ma neanche dopo aver letto le conclusioni della consulente grafologa?, ribatte il pm. "Non le ho lette quelle conclusioni… non me la son sentita".

Nicola Bonafini