"In Pakistan si parla della vicenda sui giornali La famiglia è di una zona dove ci sono altri casi"

La giornalista italo-pachistana Sabika Shah Povia: "Pochi anni fa inasprita la legge contro il delitto d’onore. Si rischia la pena di morte"

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di Daniele Petrone

Della vicenda di Saman se ne sta parlando anche in Pakistan. Il Paese asiatico non è oscurantista e non esercita censura come invece capita in altri Stati islamici, come l’Iran per esempio. Tra coloro che hanno riportato la notizia c’è il ‘Dawn Post’, uno dei giornali più letti e fruibili per tutti in Pakistan avendo la versione sia in lingua Urdu sia in inglese. "Ma anche altri quotidiani online e della carta stampata hanno dato conto del caso – ci spiega Sabika Shah Povia, giornalista d’origine pachistana e che lavora da anni in Italia, anche per ‘PropagandaLive’, la trasmissione di La7, nonché ovviamente esperta dei media del suo Paese – Non c’è stata una riflessione accurata come sta accadendo da noi, quindi non vi è il nome dei familiari ricercati per esempio. Al momento è una notizia che riporta la mera cronaca, pubblicando le agenzie lanciate da Ap (Associated Press, ndr). Sto valutando anche io di scrivere un articolo dettagliato e più impegnato sulla vicenda. Ma qualcosa si sta comunque muovendo in questi giorni anche sui social media con altri giornalisti e attivisti per i diritti delle donne islamiche".

Le ricerche di Saman anche con il drone

Tra questi, Sabika ci segnala anche Hamid Mir, opinionista celebre e molto apprezzato in patria, che comunica soprattutto attraverso Twitter (sul quale si definisce "journalist banned in Pakistan", uno ‘scomodo’ insomma), il quale riporta la notizia re-twittata dai suoi milioni di follower.

"In Pakistan non c’è censura – spiega Sabika – soprattutto verso la carta stampata. In generale la copertura mediatica è quella di condanna verso crimini simili. Poi ci sono casi e casi eh, ma i giornalisti generalmente sono una classe sociale stimata perché informata e considerata tra quelle con una mentalità più aperta. La televisione invece è già diversa. Anche se ci sono talk, come in Italia, dove si dibatte sul giustosbagliato con diversità di opinioni".

La giornalista poi puntualizza su questo tipo di omicidi: "Anche in Pakistan il delitto d’onore è reato. Si può rischiare fino alla pena di morte. Anni fa è cambiata la giurisdizione che ha inasprito le pene e modernizzando il codice. E contestualmente è stata abolita una legge islamica che permetteva alla famiglia della persona assassinata di scegliere di perdonare il colpevole in cambio di denaro. Ma diventava ambigua quando ad ammazzare fosse un familiare stesso...".

La collega poi fornisce dettagli sul luogo d’origine degli Abbas. "Sono di un villaggio nella parte sud del Punjab, vicino Gurudwara, nella provincia di Lahore. Una zona rurale dove i "delitti d’onore" sono più diffusi. Anche di recente, da quanto mi ha detto una mia amica giornalista, vicino la stessa Lahore, c’è stato un caso simile di cronaca nera riguardante una ragazza pakistanainglese ammazzata perché troppo ‘occidentale’".

Infine sui rapporti di collaborazione giudiziaria fra Italia e Pakistan, Sabika confida: "Ho avuto modo di sentire nei giorni scorsi l’ambasciatore pakistano a Roma. Mi ha assicurato che faranno di tutto per aiutare l’Italia a dare corso alla giustizia. Anche lui è d’accordo nel dire che occorre lavorare sull’emigrazione controllata, affinché chi viene in Italia abbia un programma vero di istruzione, di integrazione, di inserimento sociale e non solo meramente a livello lavorativo".