Morte di ‘Lili’ Stefanatto, la sentenza: "Non fu un omicidio, 9 anni all’ex". La famiglia: "Indignati"

In Argentina il reato è stato riqualificato in lesioni. La figlia a Canossa: "Chiamerò la mia bambina come lei"

La 54enne Liliana Stefanatto

La 54enne Liliana Stefanatto

Reggio Emilia, 30 marzo 2023 – Argentina ma reggiana d’adozione. Liliana Stefanatto, 54 anni, ha vissuto per vent’anni a Canossa dove si era sposata e dove tuttora vivono l’ex marito e la figlia 26enne Linda Grizzi. Poi, dopo la separazione è tornata nella sua patria d’origine, a Villa Maria, nella provincia di Cordoba. Qui aveva ritrovato l’amore con Ignacio Aldeco, 45 anni, ma la storia non aveva funzionato. L’uomo però si è trasformato in un ex violento (anche se già due anni prima aveva avuto precedenti specifici) e la sera del primo febbraio 2021, Liliana viene trovata morta a casa, con gravi contusioni alla testa provocate – secondo l’accusa – da un martello o una mazza. Le ricostruzioni non sono state in grado di provare con certezza quello che è accaduto, ma – come ha ammesso l’uomo stesso – quella sera ci fu una lite fra i due. Aldeco viene accusato di omicidio doppiamente aggravato dal vincolo e dal contesto di genere, ma senza alcun provvedimento restrittivo. Ma due giorni fa la sentenza in Argentina choc da parte della corte con giuria popolare: prosciolto dall’omicidio e 9 anni di condanna per lesioni aggravate (per riqualificazione del reato) e maltrattamenti reiterati contro l’ergastolo chiesto dal pubblico ministero argentino. La famiglia della vittima si dice "indignata".

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"Sono indignata. È tutto assurdo. Io e mio padre stiamo malissimo". Linda Grizzi, 25 anni, è la figlia nonché goccia d’acqua di Liliana Stefanatto. E da Canossa, dove è nata e vive da sempre, grida tutto il suo dolore per la sentenza emessa nei confronti di Ignacio Aldeco, l’uomo che secondo lei ha ammazzato la madre. "Non mi spiego come si possa passare da una richiesta di ergastolo ad una condanna a 9 anni...", chiosa allibita Linda che mastica il linguaggio giuridico, studiando criminologia, passione che gli è entrata nel sangue anche per la fame di giustizia.

Linda, un esito inaspettato e come un pugno nello stomaco.

"Sì... Eravamo tutti convinti che ci sarebbe stata una condanna esemplare, specie dopo che il pubblico ministero ha chiesto la pena perpetua – come viene chiamata in Argentina – ossìa l’ergastolo. Invece il giorno dopo la richiesta della procura, il giudice e la giura popolare hanno preso una decisione assurda e folle".

Nove anni.

"Sì. Per lesioni aggravate, riqualificando il reato e prosciogliendolo dunque dall’accusa di omicidio".

Ma come si può parlare di lesioni quando vi è una donna morta? In Italia sarebbe omicidio preterintenzionale...

"La giustizia in Argentina è poco efficiente e superficiale. Pensate che per arrivare in aula ci son voluti due anni. Lì, i femminicidi sono all’ordine del giorno e non c’è sensibilità sul tema. Io e mio padre non siamo mai stati informati dalle autorità nè sulla morte, nè sulle indagini e neppure sugli esiti dell’autopsia. Tuttora non sappiamo la verità di quanto è accaduto quella sera. Per dire, abbiamo saputo dell’inizio del processo da un giornale locale del quale mi hanno mandato la foto i miei zii, fratelli di mia madre, che vivono in Argentina. Pensate: due anni di silenzio per una madre morta... Questa è disumanità".

Con quali motivazioni hanno emesso la sentenza?

"Hanno creduto alla difesa che ha sostenuto fosse stata una lite finita male. Un incidente. Dunque per la giuria, lui non voleva ucciderla. Addirittura i suoi avvocati faranno ricorso per chiedere l’attenuazione della pena per lesioni lievi...".

Voi familiari avete un legale che vi segue in Argentina?

"Sì, sono in contatto coi miei zii. Penso faremo ricorso anche noi, così come il pm".

Lei non ha potuto andare in Sudamerica per assistere al processo?

"No, perché sono incinta e non posso volare".

Maschio o femmina?

"Il destino ha voluto che sia femmina. La chiamerò ’Lili’, come la nonna che avrei tanto voluto conoscesse...".