di Alessandra Codeluppi
"Ho vissuto un incubo, pur non avendo mai fatto nulla di illecito. In questa vicenda io sono una vittima. E ora voglio riprendermi la mia dignità". Si mostra sempre calmo, ma a un certo punto si stringe la testa tra le mani, chino sul tavolo, Carmine De Lucia.
L’ex consigliere comunale 54enne è stato rimesso in libertà mercoledì sera dal tribunale del Riesame di Napoli, che ha annullato l’ordinanza di misura cautelare a suo carico nell’inchiesta sulla vendita di loculi nel cimitero di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, suo paese d’origine. Per lui la Dda di Napoli ha ipotizzato il reato di corruzione, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa a favore del clan di camorra Massaro, in concorso con Domenico Nuzzo, esponente della cosca, e il custode del cimitero e concessionario dei servizi cimiteriali Giuseppe Pascarella. Al momento De Lucia resta indagato, e ora bisognerà vedere se la Dda ricorrerà in Cassazione contro il Riesame.
"Ho trascorso 22 giorni in un carcere, prima a Reggio e poi a Bologna. Mi sono trovato in questa situazione solo per avere risposto al telefono". Il riferimento è alla chiamata che ricevette da Nuzzo. "Abito qui dal 1999: ho lavorato in banca, alle Poste, ora faccio l’insegnante alle elementari e sono presidente di seggio. Sono piombati alle 6 del mattino a casa mia: mi hanno portato prima in caserma e poi alla Pulce e, dopo una settimana, a Bologna: io, incensurato, sono finito nel carcere di massima sicurezza insieme agli ‘ndranghetisti. Ho fatto l’isolamento, non lo auguro a nessuno. Ho molta fede in dio, ma è possibile finire tra i mafiosi per 8 intercettazioni? Avrei potuto anche fare una sciocchezza. Ho attraversato una situazione devastante per me, la mia famiglia e i tanti amici. Ho ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà che devo ancora finire di leggere".
Accanto al suo avvocato Ernesto D’Andrea, dà la sua versione dei fatti: "Mi trasferii qui nel 1999 con mia moglie. Portai qui mia madre perché volevo che trascorresse la vecchiaia con noi, ma lei morì un anno dopo a Reggio, nel 2008. Lei non voleva essere tumulata sotto terra. Mi informai e mi dissero che dovevo comprare la concessione dei loculi. Andai al Comune di Santa Maria a Vico e parlai col sindaco, che mi indirizzò alla società incaricata ‘Le Ceneri’, da cui comprai, tramite bonifici e assegni, un modulo intero con 16 loculi, per riunire i nostri parenti defunti, pagandolo 35mila euro".
L’altro coindagato Pascarella, custode del cimitero, "subentrò alla società ‘Le Ceneri’ nel 2018". Vi fu un grosso intoppo: "I loculi mi sono stati consegnati dal Comune solo 14 anni dopo, perché nel frattempo il cimitero fu sottoposto a un sequestro decennale in un’altra operazione antimafia. Intanto mia madre è rimasta tumulata sottoterra. Come altri cittadini, ebbi un danno. Chiesi al Comune, mi dissero di rivolgermi al custode del cimitero. Domandai a Pascarella se qualcuno avesse bisogno di loculi, di cui c’è carenza. Dissi che li avrei restituiti in modo che fossero rimessi a sorteggio, in cambio della somma che avevo già versato".
L’avvocato D’Andrea dice di aver depositato un contratto di comodato a uso gratuito: "De Lucia aveva messo i loculi in donazione, possibilità prevista dalla legge". Ma nessun loculo finora è stato dato a terzi: "I cittadini me li chiedevano, ma io dicevo di parlare col custode per seguire la giusta procedura. Sono stato consigliere comunale, so bene che la vendita è vietata e che si ha solo un diritto di locazione per 99 anni". Lui nega ogni affare sulle sepolture: "Non ho mai preso nè dato soldi. Pascarella li chiedeva, ma a tutti". Nelle intercettazioni Pascarella parla di "quattro loculi venduti", ed emerge anche un litigio con De Lucia sul prezzo di vendita: "Pascarella può dire ciò che vuole - taglia corto il legale - ma io ho sostenuto al Riesame che lui è coinvolto in sei episodi, due per corruzione e gli altri per estorsione. Dalle intercettazioni lui risulta coinvolto negli affari con Nuzzo".