’Ndrangheta, sindaco sotto tutela. Delrio: "Fango su un uomo onesto"

Reggio Emilia, bufera dopo la lettera dal carcere a Luca Vecchi. I grillini all’attacco VIDEO Il sindaco: "Vado avanti"

‘SCORTATO’ A destra il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, a cui era indirizzata la lettera (Artioli)  Sotto, il suo predecessore e attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio (Ansa)

‘SCORTATO’ A destra il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, a cui era indirizzata la lettera (Artioli) Sotto, il suo predecessore e attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio (Ansa)

Reggio Emilia, 3 febbraio 2016 - Una minaccia. Così è stata interpretata la lettera consegnata lunedì a mano alla redazione del Resto del Carlino, indirizzata al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e scritta di suo pugno da un imputato ritenuto affiliato alla cosca di ’ndrangheta operante in Emilia. Per questo, dopo un vertice ieri in prefettura, è arrivata la decisione: istituire una forma di tutela per il primo cittadino.

Non una vera e propria scorta, ma una forma di vigilanza stringente che non era stata data nemmeno all’ex prefetto ‘antimafia’ di Reggio Emilia Antonella De Miro (ora a Palermo), sebbene avesse ricevuto missive intimidatorie, una addirittura contenente un proiettile. «La città sta vivendo un passaggio storico, fondamentale – dice il sindaco reggiano – è tempo di scegliere se stare dalla parte della legalità, delle istituzioni democratiche e delle persone oneste oppure dalla parte sbagliata. Ci infangano perché stiamo combattendo la mafia».

Gli fa sponda il ministro Graziano Delrio, predecessore di Vecchi, pure lui chiamato in causa nella missiva. «Un fatto gravissimo, volto a gettare ombre sulla conduzione efficace e onesta della città – commenta l’ex presidente dell’Anci –. Esprimo solidarietà a Vecchi, destinatario di una lettera che altro non si può definire che mafiosa: mafiosa nelle intimidazioni e, a quanto leggo dalla stampa, mafiosa nei contenuti, in ogni sua parte». Non tutti però la pensano così. Dopo aver espresso solidarietà, il Movimento 5 Stelle chiede di fare chiarezza. Oggi al question time con il ministro Alfano presenterà un’interrogazione per una commissione d’accesso al Comune di Reggio Emilia per verificare eventuali condizionamenti da parte della criminalità organizzata. Inoltre chiede alla commissione antimafia di acquisire la lettera per esaminarla.

Vecchi, intanto, ha presentato una querela per minacce nei confronti dell’autore della missiva e l’inchiesta, per competenza, passerà nelle mani della Dda di Bologna. A firmarla, infatti, è Pasquale Brescia, 48 anni, originario del Crotonese, da un anno ristretto nel carcere bolognese della Dozza in attesa del primo grado di giudizio. Brescia è finito in manette nel blitz dell’operazione Aemilia, che il 28 gennaio 2015 ha disarticolato i vertici della cosca Grande Aracri insediati in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.

Il clan è originario di Cutro, in Calabria, ma ha trovato terreno fertile al Nord, a Reggio Emilia in particolare, dove tutt’oggi sono presenti 10mila immigrati. Tra onesti lavoratori, impegnati soprattutto come manovali all’epoca del boom edilizio, si sono insinuati anche affiliati, già a partire dagli anni Ottanta.

Secondo le accuse dell’antimafia, Brescia sarebbe uno di questi. Noto imprenditore edile, tanto da aver messo mano anche alla ristrutturazione della questura; Brescia ha sempre frequentato i salotti buoni della città. Nelle pagine dell’inchiesta della Dda di Bologna viene indicato come colui che per la cosca teneva i rapporti con esponenti delle istituzioni e delle forze dell’ordine.

Ora arriva questa lettera in cui l’imputato chiede più volte le dimissioni del sindaco perché «intellettualmente disonesto» e perché non ha difeso i cutresi dalla presunta discriminazione ‘razziale’. Un attacco che prende il via da un’altra polemica: il primo cittadino, per un anno, avrebbe taciuto il fatto che la moglie, pure lei cutrese, nel 2012, ha comprato casa da uno degli arrestati di Aemilia.