Reggio Emilia, 13 luglio 2016 - «La mia dirimpettaia fa sesso spinto e i rumori non mi fanno dormire la notte. Ora sono in terapia psichiatrica». C’è anche questo nelle denunce, tantissime, che una infermiera di mezza età di origini straniere ha presentato verso la sua vicina di casa, trascinandola fino al processo con le accuse di stalking e calunnie.
Un incubo durato anni, a dire della presunta vittima, da maggio 2009 a marzo 2013. Anni in cui «lei ha dovuto modificare le sue abitudini di vita, temendo per la propria incolumità», si legge nel capo di imputazione.
Non solo rapporti amorosi sfrenati, dunque, ma anche «stereo ad alto volume di notte, colla nella cassetta della posta e nella porta della cantina, forti colpi picchiati contro il muro, cartelli con frasi ingiuriose, mobili spostati rumorosamente, tapparelle abbassate con violenza». Poi, il racconto di quegli incontri in cortile, in cui la vicina le avrebbe detto: «Stai attenta, io non ho paura, sei una persona disturbata nella fase maniacale, devi farti curare».
Completamente opposta la versione dell’altra donna – una reggiana di 48 anni – che, anzi, ha a sua volta querelato la signora dell’est per le stesse ragioni. Ma non è stata creduta e quindi accusata anche di calunnie.
LA VICENDA. Sullo stesso pianerottolo, all’epoca dei fatti, vivono l’odierna imputata e la parte offesa (che si è costituita parte civile con l’avvocato Silvia Dodi di Parma). Abitano lì dal 2005, in armonia, in un condominio di Reggio. Ma è dal 2009 che la signora dell’est inizia a lamentarsi: non riesce più a dormire per rumori di rapporti sessuali violenti, porte che sbattono, pugni contro il muro, risate e radiosveglie che partono a ogni ora del giorno e della notte, dice. L’infermiera a quel punto contatta la vicina chiedendole di finirla di fare rumore. Ma lei risponde picche. E, anzi, a quel punto inizia la guerra nella palazzina: le due si mettono in contrapposizione e i condomini si dividono dando ragione alle due parti diverse.
La situazione, a quel punto, degenera e cominciano le scaramucce: messaggi in bacheca condominiale, carabinieri che escono a ogni ora del giorno e della notte. Ma, stando a quanto emerge, non avrebbero mai riscontrato violazioni del regolamento condominiale. La parte offesa racconta poi di aver subito aggressioni: spintoni, gomitate, spray al peperoncino in ascensore. Fioccano denunce ed esposti in procura. Fino alla richiesta di un procedimento di ammonimento alla questura, che però non viene eseguito; anzi archiviato.
L’imputata – difesa dagli avvocati Giovanni Tarquini e Federica Martone – nel 2011 decide di trasferirsi e affitta l’appartamento ad altri inquilini. Ma la presunta parte offesa dice di manifestare gli stessi identici disagi con altri condomini. Il processo è partito nelle scorse settimane con l’imputazione di semplici molestie, poi in udienza preliminare la parte offesa si è presentata con certificati medici rilasciati da uno psichiatra che attestano il fatto che sia dovuta ricorrere a terapie mediche, vista la situazione di stress.
Il pm Stefania Pigozzi ha quindi aggravato il reato in stalking dal 2009 al 2013 e calunnia (vista la contro-querela che l’imputata ha presentato nei confronti della parte offesa, nel 2012). Nell’udienza di lunedì un testimone ha raccontato che il giorno della presunta aggressione in ascensore l’imputata non era a Reggio. Tutto rinviato, comunque, all’8 settembre, quando il giudice Alessandra Cardarelli sentirà altri testimoni.