ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

“Tumore ignorato, morto il nostro bimbo”

La famiglia del piccolo di cinque anni accusa la pediatra, ma il perito: “Non si poteva salvare”. Il gip archivia

A sinistra, l’avvocata di parte civile Erica Romani; un bambino di spalle (foto di repertorio); il giudice Andrea Rat

A sinistra, l’avvocata di parte civile Erica Romani; un bambino di spalle (foto di repertorio); il giudice Andrea Rat

Reggio Emilia, 17 gennaio 2025 – Un papà e una mamma straziati prima dalla malattia che colpì il loro bambino, un tumore, e poi dalla sua morte. La coppia denunciò la pediatra quando il piccolo era ancora in vita, ritenendo che avesse trascurato di sottoporlo agli accertamenti necessari per diagnosticare la causa dei malesseri che manifestava. La Procura chiese l’archiviazione, a cui la famiglia si oppose, e fu disposto un incidente probatorio chiesto e ottenuto dal pm Francesco Rivabella Francia, al cui esito ieri il gip Andrea Rat ha disposto l’archiviazione.

La donna era stata indagata per il reato di lesioni colpose gravissime nell’esercizio della professione sanitaria, “per mancata diagnosi di un quadro neoplastico endocranico con conseguente ritardata asportazione chirurgica del tumore”, fatto risalente al luglio 2019. La decisione del giudice Rat è stata presa alla luce della relazione stilata dal perito specialista nominato dal tribunale, secondo cui anche se la diagnosi fosse stata fatta in anticipo, non avrebbe potuto salvare il piccolo a causa dell’aggressività della malattia, e dunque va esclusa la sua responsabilità penale. L’avvocato Erica Romani, che tutela i genitori, fa sapere che valuterà se opporsi alla decisione.

La tragica storia del piccolo Daniel Sas, nato il 26 novembre 2015, iniziò quando nel 2017 i suoi genitori, il padre Vitaly e la madre Zoriana, originari dell’Ucraina, si rivolsero alla pediatra dopo aver notato che il figlio non stava bene: il suo collo appariva rigido, faticava a deglutire, stentava a giocare e manifestava difficoltà anche all’asilo. Il medico lo avrebbe visitato in ambulatorio senza prescrivere altri accertamenti.

Il piccolo è poi stato visto anche il 4 luglio 2019, ma senza che fossero rilevati problemi. Sei giorni dopo, il papà accompagnò Daniel al parco, dove lui non scese dal passeggino: il genitore allarmato andò dalla pediatra, trovando però la sostituta che lo visitò capendo che qualcosa non andava e lo mandò al pronto soccorso. Dalle analisi arrivò un terribile responso: il bambino era affetto da un tumore alla nuca che aveva intaccato le vertebre.

Fu sottoposto a un intervento chirurgico e a terapie sperimentali, ma il piccolo non ce la fece: morì nel luglio 2021, a 5 anni. La famiglia, affidandosi all’avvocato Romani, sporse denuncia verso la pediatra, nel 2020, quando il piccolo era ancora vivo: una decisione presa dopo aver consultato il medico legale Robbi Manghi, da loro incaricato di analizzare il decorso clinico di Daniel.

Secondo lo specialista, se la pediatra avesse promosso analisi più approfondite sarebbe emersa prima la presenza del tumore e forse si sarebbe potuto fare qualcosa per salvarlo o quantomeno evitargli sofferenze, anticipando l’operazione chirurgica di un anno e mezzo. Davanti al giudice Rat, ieri è stato ascoltato il professor Marco Di Paolo dell’Università di Pisa nominato dal tribunale insieme alla specialista Maria Serenella Pignotti: “Se si tiene conto della documentazione sanitaria – scrivono i periti – non si traggono elementi utili ad affermare che il bambino abbia presentato segni o sintomi che avrebbero potuto orientare nei confronti di una patologia di interesse neurologico e/o neoplastico. Dagli esami obiettivi si cui si dispone... si dà atto solo di sintomi comuni nei bambini e riferibili a patologie infettivologiche di natura respiratoria o gastrointestinale di frequentissimo riscontro”.

E quindi “non vi sono elementi oggettivi per affermare che segni meritevoli di approfondimento siano sfuggiti alla pediatra”. In aula era presente il pm Francesco Rivabella Francia. L’avvocato Romani aveva invece chiesto per il medico il rinvio a giudizio, sostenendo che durante il dibattimento si sarebbero quantomeno potuti ascoltare i genitori, i parenti e le insegnanti che avrebbero potuto testimoniare i problemi riscontrati da Daniel. A fine udienza il giudice ha porto le condoglianze ai genitori. Ora la vicenda potrebbe proseguire: “Insieme al nostro consulente medico-legale che aveva tratto conclusioni differenti – dichiara l’avvocato Romani – valuteremo i termini dell’opposizione all’archiviazione, tenuto conto che i profili civilistici di responsabilità sono comunque diversi dai profili di responsabilità penale in capo alla professionista e pertanto introdurremo specifica causa per il risarcimento”.