"Ci toglie il sole". Ricorso al Tar contro le ex Poste

I residenti di via Don Andreoli contro il Comune: "Dov’è l’interesse pubblico?"

Il prospetto su via Sessi

Il prospetto su via Sessi

Reggio Emilia, 25 luglio 2015 - Lo scontro sarà tutto sulla «pubblica utilità», sull’interesse pubblico del colossale intervento urbanistico-architettonico. E’ un ricorso al Tar che scotta, quello stilato dall’avvocato amministrativista Ermes Coffrini per i proprietari - tutti tranne uno - del lato est di via Don Andreoli contro il Comune, la Soprintendenza per i beni architettonici di Bologna, il ministero dei Beni Culturali e nei confronti della Blufield srl, la società con socio unico l’imprenditore Fulvio Montipò, protagonista della ristrutturazione del centralissimo isolato comprendente palazzo Busetti (dov’è entrato H&M), palazzo ex Inps e l’ex palazzo delle Poste. Obiettivo, avere una risposta a breve - presumibilmente tra settembre e ottobre - sulla richiesta di annullamento di una serie di atti che riguardano proprio la demolizione del palazzo delle Poste e la ricostruzione di un nuovo edificio che, lamentano i ricorrenti, prevede un’altezza di nove metri in più (tre piani in più, se si comprende l’attico avveniristico) rispetto all’edificio precedente. Un’altezza che toglierà luce ai palazzi di fronte.

IL RICORSO è stato notificato agli interessati ma non ancora depositato al tribunale amministrativo regionale di Bologna, cosa che deve avvenire entro trenta giorni. Cosa mettono in discussione i ricorrenti, ossia l’avvocato Luigi Albertini e la moglie Deanna Cattani, Marialivia e Gabriele De’ Medici, l’avvocato Federico Alberto Ferioli e la So.Co.Tec srl, proprietari di immobili, residenti o con studi professionali negli storici palazzi di via Don Andreoli? Per quanto riguarda la Soprintendenza, che sia annullata l’autorizzazione all’intervento; per quanto riguarda il Comune, che uguale sorte abbiano il permesso di costruire del maggio di due anni fa, la delibera del consiglio comunale del 17 marzo 2014 nella parte riguardante il permesso di costruire in deroga per un intervento di ristrutturazione edilizia dell’edificio ex Poste; il permesso specifico «di cui - si legge nel ricorso - non si conoscono gli estremi di identificazione»; le delibere di giunta con cui si approva l’atto di accordo con la Bluefield, per l’inserimento dell’interento di ristrutturazione urbanistica del palazzo nel Poc (piano operativo comunale) e per l’adozione della variane al Piano di riqualificazione urbana (Pru).

SONO quattro i palazzi d’epoca lungo via Don Andreoli. Palazzo De’ Medici, già appartenente alla nobile famiglia dei Torreggiani, palazzo Ferioli, palazzo Croci (vincolato dalle Belle Arti, il proprietario non è tra i ricorrenti) e palazzo Agosti all’angolo con via Sessi. Dalla parte opposta c’era un brutto palazzo ex Inps e poi, fino a via Sessi, il palazzo delle Poste costruito negli anni Cinquanta del Novecento al posto del seminario vescovile (non aveva ancora 70 anni, per questo è stato legalmente possibile abbatterlo): avevano entrambi altezze corrispondenti a quelle dei palazzi dirimpettai. Poi, un anno fa, è stato demolito tutto. Si sta realizzando un nuovo complesso collegato con galleria interna a palazzo Busetti, con sbocco su via Emilia San Pietro. Cambia l’assetto della zona, cambia la volumetria, dicono i ricorrenti, e cambia la percezione visiva.

PRIMA che i tre piani ulteriori vengano costruiti, i ricorrenti vogliono sapere dal Tar se la deroga rilasciata dal Comune sia motivata, se cioè vi sia un interesse pubblico. I proprietari di via don Andreoli sono convinti di no: per le ex Poste è prevista la stessa altezza di palazzo Busetti, ma i loro palazzi, quando i lavori saranno ultimati, si ritroveranno più bassi: addio visuale libera, protestano. Il tema dovrebbe essere al centro del consiglio comunale già lunedì.

m.s.