Primo libro venduto, in una mattina di aprile del 2019, è stato ’Storia degli indiani d’America’ di Phlippe Jacquin. L’ultima cosa venduta, l’altro ieri, un segnalibro della ’Gemai’ con disegnato un segno zodiacale, a pochi minuti dalla chiusura. Definitiva. Ha tirato giù i battenti in via definitiva la libreria Mondadori alla stazione di Rimini, a due anni e mezzo dall’inaugurazione. Era anche un baluardo anti degrado. Una notizia che era nell’aria da alcune settimane. E da quando si è diffusa, segnalano gli addetti, sono passati clienti a salutare, a lasciare un messaggio, a ricordare un suggerimento, ad augurare buona fortuna. Dalla biglietteria ferroviaria, a pochi passi, è addiritura arrivato un regalo.
"Non lo sapevo ma in un negozio - anche in un posto pazzesco come la stazione dei treni di Rimini in estate - si possono creare delle relazioni – scrive in un post su Facebook Mattia Sansavini, giornalista, uno degli addetti dello store mondadoriano –. E credo che quel posto abbia avuto l’energia vitale per farlo, a maggior ragione perché sospeso tra il mare e il centro storico. Al centro di folle impazzite, al centro di solitudini perfettamente disabitate come nei mesi della chiusura e della sofferenza. Uno scoglio che poi è diventato isola e, infine, di nuovo luogo sommerso dalla vita che va avanti".
"Stare in stazione riduce la distanza dalla realtà mentre allunga quella con gli apparati della comunicazione politica – continua Sansavini –. In due anni e mezzo nessun candidato è passato dallo scalo per chiedere, un po’ a tutti, semplicemente: ehi come va? Le uniche facce viste sono state quelle giganti, durante la recente campagna elettorale per le amministrative, appiccicate ai camion pubblicitari. Astensionismo elettorale?"
"Stare lì fa vedere meglio cosa succede nel lavoro, tra i giovani, nell’immigrazione, in questa banlieue che mira alla scala globale. Insomma: riduce le distanze, allarga la percezione, disinnesca le parole inutili".
"Quel posto lì ha tutti i problemi e tutte le meraviglie di un porto di mare – continua Sansavini –. Non sai mai chi può entrare da quella porta: dal ballista di prima riga pronto a venderti qualsiasi storia, rigorosamente al di là del bene e del male per scroccare un caffé, al professor Luciano Canfora. Dal ragazzo arrivato dal Sud a maggio del 2020 e mai uscito dal confine della stazione a Serena Grandi, che ci ha giurato (una domenica mattina d’inverno) di essere i primi a sapere della sua collaborazione con Pupi Avati". "Non sai mai chi può sbarcare (o naufragare) dalle porte vetrate - protette dalla sovrintendenza - della stazione. Non sai mai cosa ti può succedere nella vita – conclude il post Sansavini –. E siccome credo di essere un po’ tendente allo smarrimento e alla perdita delle rotte anche io, la stazione dei treni di Rimini per me è stata come una casa e la libreria un meraviglioso nuovo inizio. Assieme a tutte le persone che si sono fidate di costruire una relazione con noi". Non ci è stato possibile ieri, nonostante i tentativi, ottenere informazioni sulle motivazioni della chiusura da parte della Mondadori.