I sindaci al gioco della sedia

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Carlo Andrea

Barnabé

Messo così potrebbe sembrare un esercizio di stile populista. Ma la realtà ci offre utili spunti per disossare la questione del terzo mandato, tra delusioni cocenti, occasioni sfiorate, dribbling alla Maradona. Partiamo da quest’ultimo, il pibe de oro di Morciano di Romagna, Giorgio IV Ciotti. Il sindaco uscente è riuscito nell’impresa di scavalcare la regola del secondo, terzo e prevedibile quarto mandato senza sporcarsi neppure le scarpette da calcio. Grazie al ‘fermo biologico’, è tornato a regnare e si appresta a farlo anche per i prossimi cinque anni. Per bravura, senz’altro. Ma soprattutto per mancanza di avversari. Dopo il pressing del Pd, caduto ai suoi piedi dopo anni di penitenza, Ciotti faticherà parecchio a trovare un povero cristo disposto a candidarsi contro. Tipico esempio di sindaco di destra-sinistra-centro. Imbattibile.

E’ andata peggio alla corianese Mimma Spinelli, che sul terzo tempo contava assai,

ma è finita fuorigioco. Battuta al novantesimo minuto.

A Riccione, dove la sindaca in carica ha esaurito i due mandati, la successione sarà indolore. Tosi era, e Tosi sarà: sempre che vinca Tosi.

Di Andrea Gnassi si è scritto per mesi: dopo di lui il diluvio. Non è andata così, ma qualcosa di nuovo è nell’aria: dopo anni di vacanza l’opposizione si è accorta di esistere.

Per concludere con un’annotazione storica, vale la pena ricordare il precedente di Terzo Pierani, per 17 anni sindaco di Riccione. Terzo di nome, ma non di mandati, che infatti superò con slancio, fino al giorno in cui il suo partito, il Pci, fu costretto a ordire un piano per ‘depieranizzare’ la Perla e deporre Re Terzo. Allora la regola era un’altra, e non fu necessario tornare alle urne per eleggere un nuovo sindaco, bastò un ribaltone in consiglio. Un’altra buona ragione per non pastrocchiare l’attuale legge sui sindaci e lasciare agli elettori il compito di sbrigarsela da soli.