Isola delle Rose, fascino e mistero

Il mito ha prevalso sulla realtà storica complici romanzi e film, ma le intenzioni dell’ingegner Rosa erano altre

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(segue dalla prima)

Una storia all’apparenza semplice ma la semplicità non era sufficiente per le menti dei riminesi dell’epoca: ci doveva essere per forza “qualcos’altro sotto”.

Nessuno era immune da questa convinzione: fin dal 1964 l’Azienda di Soggiorno avvertì che qualcosa di misterioso stava avvenendo a circa 12 km dalla costa: forse una stazione radio TV pirata, ma i lavori proseguirono indisturbati fino al 1968.

Rosa stava ormai terminando la costruzione, l’isola attirava sempre più curiosi che si chiedevano cosa stava succedendo, chi finanziava la costosa operazione e soprattutto a che cosa sarebbe servita quella piattaforma di 400 metri quadrati, tutte domande alle quali l’ingegnere bolognese non rispondeva in modo chiaro.

Doveva però decidere ora cosa

fare di questa struttura. Come bene ha posto in luce Nicola Gambetti, era forte il richiamo

di un microstato fondato da poco su una piattaforma nel Mare del Nord, il “Sealand”, e probabilmente Rosa ne fu suggestionato. Pensò bene, il 1° maggio 1968, di creare, inizialmente in incognito, il “Libero Territorio dell’Isola delle Rose” (in esperanto), con un governo composto da amici e parenti, moneta, ministeri e altra burocrazia (tutto sulla carta); poi affittò la sua piattaforma a due gerenti per aprire un bar e un pseudo ufficio postale, che aveva l’unico scopo di vendere francobolli, apparenti perché la spedizione

vera e propria era affidata alle poste italiane che pretendevano le loro affrancature.

La prima reale attività iniziò il 9 giugno 1968, come si desume dai primi annulli postali, ma soltanto il 22 giugno questo giornale rese pubblica l’esistenza del nuovo Stato.

Il 25 giugno già le forze dello Stato Italiano circondavano l’isola, bloccando all’accesso a tutti e tenendo sull’isola in stato di fermo il suo unico abitante, Pietro Bernardini che forse fu l’unico che mai ci dormì.

Rosa si ribellò: l’idea dello Stato indipendente lo aveva molto coinvolto. Si dovette allora rivolgere alla giustizia italiana che tuttavia lo deluse e negò la sovranità dello nuovo Stato (alla pari dei maggiori giuristi dell’epoca) e fu decisa la sua demolizione che avvenne nel febbraio del 1969.

L’avventura era finita, era durata in effetti 18 giorni, o 55 se si presta fede alla data di fondazione, e solo 3 erano stati di piena conoscenza dell’esistenza dello Stato, sufficienti però poi per dare il via ad una ridda di voci che stimolavano la curiosità di tanti.

Il mistero affascinava: l’immaginazione correva veloce, i giornali si sbizzarrirono e le voci più disparate si diffondevano e si moltiplicavano. Chi desiderava l’apertura di orizzonti sconosciuti per la riviera dell’epoca, sosteneva che si tarpavano le ali a tante possibilità, da quelle erotiche (si mormorava di luogo dove tutto era permesso, con night club, donnine nude o in topless, fatti mai avvenuti) a quelle clandestine (radio TV pirata o case

da gioco, altrettanto inventati): insomma tutte quelle attività illecite che però ammaliavano i riminesi e i turisti del tempo, soprattutto i giovani.

C’era però anche chi più biecamente vociferava di una base iugoslava (all’epoca c’era infatti Tito che comandava sull’altra sponda dell’Adriatico) o addirittura albanese.

Per Rosa, che ambiva a replicare la sua invenzione per sfruttarla economicamente, la “sovranità” serviva per sentirsi libero ma era funzionale anche per lucrare su risparmi di tasse e di balzelli. E in effetti il vero motivo d’intervento per le autorità italiane era soprattutto il pericolo che l’isola costituisse un precedente pericoloso, da fermare sul

nascere.

Dopo quarant’anni di oblio, l’interesse per l’isola è risorto prepotentemente circa un decennio fa ma il mito ha prevalso sulla realtà storica: complice Veltroni con un suo romanzo, la rete ha propagandato una specie di esperimento anarchico, moltiplicandolo nei vari siti e creando un fenomeno mediatico che sarebbe da studiare sotto questo aspetto ma alieno dalle vere intenzioni di Rosa.

Certamente non andarono sull’isola frotte di hippies o si fecero mai feste: lasciamo pure a Netflix costruire una fiction che tutto sommato ha il pregio di aver riportato l’attenzione su questo breve ma interessante evento degli anni sessanta nella riviera, ma, a giudicare dai comunicati stampa e dalle prime

immagini diffuse, non si creda che la realtà fosse quella che verrà rappresentata.

Andrea Montemaggi