Omicidio Rimini, ammazza la moglie a coltellate per gelosia

La tragedia vicino a Viserba, nella casa dove c'erano anche i nipotini. Il marito, che era già stato denunciato, si è costituito ed è stato arrestato dalla polizia. Soffre di una sindrome ansiosa depressiva

Rimini, 23 aprile 2022 - Una lite tra moglie e marito finita in tragedia. E il movente è la gelosia. Un femminicidio accaduto ieri sera, 22 aprile, alle 22 circa in una casa in via Portogallo (video), tra Rimini e Viserba

Raffaele Fogliamanzillo e Angela Avitabile, entrambi 62 annni, sposati da 40 e con tre figli maggiorenni, erano a casa di una figlia a badare i nipotini piccoli: gli unici presenti al momento dell'accaduto, ma che non hanno assistito alla scena, perché erano in un'altra stanza. Ad un certo punto scoppia il litigio (pare che litigassero spesso da diverso tempo), lui pensa che la moglie lo tradisca e prende un coltello a serramanico. Lei scappa in cucina, ma lui la insegue e la colpisce con diverse coltellate all'addome, di cui una alla gola, quella fatale.

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L'uomo poi si costituisce volontariamente. "Ho ucciso mia moglie, se andate a casa trovate il suo corpo", ha detto presentandosi in questura poco dopo le 22, visibilmente scosso e con i vestiti ancora intrisi di sangue. Immediatamente gli equipaggi della squadra volanti della questura di Rimini sono andati sul posto indicato dall'uomo, un appartamento residenziale alla prima periferia della città, dove era già arrivata anche una pattuglia dell'Arma dei carabinieri allertata dalla figlia della coppia. Nell'appartamento gli agenti hanno quindi trovato il corpo della donna con evidenti ferite da coltello alla gola.

L'omicida è stato arrestato in flagranza, con l’aggravante di aver commesso il reato contro il coniuge, dagli inquirenti della squadra mobile dopo l'interrogatorio reso durante la notte al magistrato e agli investigatori della polizia di Stato oltre che del difensore d'ufficio. È stato portato in carcere a Rimini. 

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La sindrome ansiosa depressiva del marito e la preoccupazione della moglie

Ulteriori indagini, riferite nella conferenza stampa con il procuratore capo Elisabetta Melotti e il questore Rosanna Lavezzaro, hanno portato alla luce il fatto che l'uomo soffre di una sindrome ansiosa depressiva certificata dall'Ausl, per cui stava seguendo un trattamento al Centro di igiene mentale. Questa sindrome lo portava ad avere ripetuti attacchi di gelosia, per cui si scagliava con rabbia contro la moglie, vedendo un tradimento che non c'era. 

La moglie già in altre occasioni aveva chiesto l'intervento dei carabinieri. Il 30 settembre il marito aveva messo le mani al collo della moglie che però - pare - ai carabinieri avesse minimizzato rifiutandosi di procedere a denuncia. Le minacce però non si erano fermate anzi, in Procura ci sarebbe un fascicolo per maltrattamenti in famiglia, aperto quando lo scorso 28 febbraio la donna ai carabinieri aveva denunciato le perduranti minacce subite dal marito. Sentita più volte - come ha riferito il procuratore capo Elisabetta Melotti - la donna non aveva mai parlato di atteggiamenti violenti del marito, ma solo di minacce dovuta, secondo lei, ad una patologica gelosia. Pur non sentendosi in pericolo di vita, la donna il 4 gennaio aveva chiesto l'intervento dei carabinieri e di un'ambulanza perché particolarmente scossa dalle minacce subite dal marito.

Secondo gli inquirenti, la donna uccisa, ieri sera aveva rifiutato il trasferimento in una casa protetta, vivendo sullo stesso pianerottolo della figlia e quindi convinta di trovarsi al sicuro.

"Un femminicidio non è frutto di un raptus"

"Hanno ucciso una donna. Oggi. A Rimini. Una donna, una nonna accoltellata mentre i suoi nipotini erano in un'altra stanza e per fortuna non si sono accorti di nulla- interviene sul femminicidio l'associazione 'Rompi il silenzio' -. L'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. L'Italia dovrebbe, una volta per tutte, ripudiare la violenza contro le donne, ripudiare il femminicidio come mezzo di risoluzione delle controversie relazionali. Rompi il Silenzio, come ogni altro Centro Antiviolenza, sa bene che, come la guerra, così un femminicidio non è frutto di un momento, di un raptus. È prevedibile. È un percorso tra segnali di pericolo sempre più evidenti. Noi ci siamo. Ma occorre che tutti assieme non trascuriamo i segnali che costeggiano la via che conduce al femminicidio. Non sono cartelli messi lì per bellezza.  Sono lì perché al vederli ci fermiamo e chiediamo soccorso".