Racket del 'cocco bello' a Rimini, condannato a 3 anni

La Corte d’Appello di Bologna ribalta la sentenza di assoluzione: l’imputato aveva minacciato l’inviato delle "Iene", Filippo Roma

Gli inviati del programma 'Le Iene' a Rimini nel servizio dell’estate del 2011

Gli inviati del programma 'Le Iene' a Rimini nel servizio dell’estate del 2011

Rimini, 28 aprile 2022 - Condannato a tre anni e quattro mesi il venditore di ‘coccobello’. La Corte d’Appello di Bologna ha ribaltato la sentenza di assoluzione del giudice di primo grado del tribunale di Rimini, che nel 2017 aveva emesso un verdetto di non colpevolezza per Angelo Gagliotti, il 66enne campano nei cui confronti la Procura aveva ipotizzato i reati di estorsione e furto con strappo. La vicenda è legata al cosiddetto ‘racket del coccobello’ e prende le mosse da un’inchiesta del programma Le Iene. Nell’estate del 2011 l’inviato Filippo Roma e un complice erano sbarcati sulla spiaggia riminese, vestendo i panni dei finti venditori di ‘cocco’ (con tanto di secchiello) per verificare la fondatezza delle segnalazioni di alcuni bagnini, allarmati dalle maniere tutt’altro che gentili di alcuni ambulanti.

Per l’inviato e il cameraman le cose si erano messe subito male. Erano stati affrontati a muso duro da un venditore che non aveva usato mezze misure: "Non dovete più permettervi di vendere il cocco. Se vi trovo un’altra volta qua, vedete che vi combino". Concludendo il tutto con una minaccia abbastanza esplicita: o ve ne andate, o vi tagliamo la gola. Roma e il complice, però, non si erano arresi: avevano continuato a vendere il cocco, scatenando la furia dell’uomo, che era corso loro incontro strappando il secchiello. Qualche giorno dopo l’inviato de Le Iene aveva bussato alla porta del sindaco di Rimini Andrea Gnassi per mostrargli il video del reportage, chiedendogli di attivarsi per liberare la spiaggia da quelle presenze. Le forze dell’ordine, dal canto loro, avevano aperto un’indagine e la Procura aveva aperto un fascicolo. Il processo di primo grado si era concluso nel 2017. Filippo Roma e il cameraman, comparsi in aula come testimoni, non avevano riconosciuto nell’imputato colui che li aveva affrontati sulla spiaggia. Anche l’avvocato della difesa, Giuliano Renzi, aveva rimarcato le incongruenze tra quanto ricostruito dagli inquirenti in fase di indagine e i fotogrammi del servizio delle Iene. La Procura aveva però impugnato la sentenza del giudice di primo di grado. Si è così arrivati ad un nuovo processo davanti alla Corte d’Appello di Bologna. Per l’imputato erano stati chiesti 5 anni e 6 mesi. Decisiva, per la condanna, si è rivelata la perizia antoprometrica richiesta dalla Corte: l’esperto nominato dai giudici ha messo a confronto il volto della persona inquadrata dalle telecamere di Mediaset e la foto presente sulla carta di identità dell’imputato, riconoscendolo come il protagonista dell’episodio avvenuto nel 2011. In attesa che vengano depositate le motivazioni dei giudici, l’avvocato della difesa non esclde ricorso avverso la sentenza.