Il colosso dei ricambi "Con i nostri pezzi entriamo nelle officine di mezzo mondo"

Pierluigi Taddei, presidente di Euroricambi, gruppo da 640 dipendenti "Esportiamo in 105 Paesi, vendendo soprattutto a grandi magazzini. Con l’impennata dei prezzi dell’energia, extracosti per 3 milioni di euro".

Il colosso dei ricambi  "Con i nostri pezzi  entriamo nelle officine  di mezzo mondo"

Il colosso dei ricambi "Con i nostri pezzi entriamo nelle officine di mezzo mondo"

di Francesco Moroni

"Amiamo definirci l’Amazon dei ricambi". Usa una metafora forte Pierluigi Taddei, presidente di Euroricambi, per descrivere la natura del gruppo. Un gruppo che conta oltre 14.270 articoli in gamma, 640 dipendenti, 105 Paesi in export e una rete mondiale di rivenditori. Una storia che nasce nel 1979 dalla determinazione della famiglia Taddei, che dà vita a un gruppo di aziende leader nel mercato dell’aftermarket. Prima piccola officina, poi complessa realtà industriale: oggi i prodotti di Euroricambi Group sono scelti dai meccanici di tutto il mondo.

Taddei, di che componenti vi occupate?

"I nostri ricambi sono prevalentemente per autocarri, anche se trattiamo diverse linee di veicoli, dai caterpillar ai furgoni medi. E anche alcuni ricambi per autovetture più vetuste. Parliamo quasi esclusivamente di ingranaggi, quindi quello che si trova nel cambio o nel differenziale. Per quello che riguarda le parti del motore, invece, facciamo pochissimi articoli".

Una gamma ampia e variegata.

"La nostra caratteristica principale è che non ci occupiamo di forniture a nomi di primo equipaggiamento: il nostro è un prodotto alternativo all’originale. Non forniamo Volvo o Mercedes, per intenderci: i nostri prodotti sono ben riconoscibili, hanno sopra il nostro logo e anche il packaging ci contraddistingue. Siamo molto orgogliosi del nostro brand, e vendiamo i nostri prodotti in concorrenza rispetto a quelli originali".

Il gruppo da quanti "organi" è costituito?

"Euroricambi è l’azienda principale, poi c’è la nostra holding Fa.Ta., che nasce dall’acronimo di famiglia Taddei (nel 2008, ndr). E non solo".

Cos’altro?

"Nel 2010 è nata Am Gears Srl. Dopo il fallimento abbiamo infatti rilevato l’azienda concorrente Antonio Masiero di Budrio, che comprammo dal tribunale. Piano piano c’è stata una ripresa con ottimi risultati: oggi parliamo di 14 milioni di fatturato".

La tipologia di lavoro è la stessa?

"Sì, ma Am Gears è specializzata in veicoli orientali. Il 70-75% del fatturato è dovuto ai prodotti che riguardano il cambio. Poi abbiamo anche un’altra azienda italiana".

Quale?

"Eurotec. La tipologia di clienti italiani non è la stessa che troviamo nel resto del mondo".

Ci dica di più.

"All’estero vendiamo a grandi magazzini, che comprano da noi pasticche, freni, filtri. In Italia, invece, riforniamo anche piccoli negozi e officine. E ancora: abbiamo un’altra azienda a Bologna che fa stampaggio a caldo, e un’altra in Romania, MBE (ovvero Metal Brasov Euroricambi, ndr), che è praticamente un’unità produttiva formata da 100 persone. Non da ultimo, l’azienda in Germania e la partnership con il nostro storico distributore brasiliano".

Il mercato oggi cosa racconta?

"Con l’impatto del Covid, un po’ tutto il gruppo ha subito una flessione. Fortunatamente parliamo di numeri modesti, con un calo dell’8%. Poi, con il 2021, l’economia è esplosa e quindi la domanda è aumentata: abbiamo chiuso l’anno con un +20% e il trend è continuato anche lo scorso anno. Oggi il vero problema riguarda la produzione".

Come mai?

"Sembra tutto rose e fiori, ma ci sono anche alcune spine: quando la domanda è esplosa, abbiamo fatto fatica a starle dietro, soprattutto nel 2022. Ovviamente va considerato il boom dei costi energetici, che si sono riversati sulla nostra catena di fornitura".

Quali spese avete affrontato?

"Abbiamo avuto tre milioni di costi in più, con un +156% sull’energia elettrica e non solo. Siamo passati da bollette da 1.800.000 euro a 4.700.000".

Come avete affrontato tutto questo?

"Abbiamo sempre puntato sulla capacità di stock in magazzino: il 97% dei materiali è sempre stato disponibile. Con la crisi, siamo scesi un po’ e arrivati intorno all’80%. Sono questi i nodi che frenano la crescita del fatturato, ma puntiamo a tornare agli stessi livelli. Non so dire ancora se serviranno sei mesi, o magari un anno…".

In che modo?

"Attraverso investimenti importanti, potenziando le linee produttive, comprando nuove macchine utensili, con la possibilità che la tecnologia faccia passi in avanti e ci dia una mano".

Al governo chiedete un supporto di qualche tipo?

"Voglio esprimere un’opinione personale: noi siamo un’azienda che ha sempre usato i propri soldi, abbiamo tenuto gli utili in azienda portando fuori sempre solo una piccola percentuale. Così siamo diventati finanziariamente forti: ecco, credo che le aziende debbano fare business senza contare sugli aiuti della politica. Poi ci sono alcuni casi specifici".

Un esempio?

"Beh, quando si parla di costi energetici, mi aspetto che il governo possa attuare politiche di calmieramento. Serve un’azione di controllo efficace: mi sembra evidente che l’aumento non rispecchi i costi".

E’ in atto una speculazione?

"Ce ne sono fin troppe. Va anche detto che il governo qualcosa l’ha fatto, non ha assorbito il maggior costo, ma ha dato contributi apprezzabili".