Il futuro delle imprese "La manifattura sorride, portafogli ordini pieni Ma restano incognite"

Il punto di Gian Luigi Zaina, vicepresidente di Confindustria Emilia "Il 2022 è stato un anno soddisfacente in maniera trasversale, l’export ha fatto un balzo in avanti di venti punti percentuali".

Il futuro delle imprese  "La manifattura sorride,  portafogli ordini pieni  Ma restano incognite"

Il futuro delle imprese "La manifattura sorride, portafogli ordini pieni Ma restano incognite"

di Federico Di Bisceglie

Il territorio estense sconta gap competitivi con i quali ormai il mondo dell’imprenditoria ha imparato a fare i conti da tempo. Tuttavia, nonostante la congiuntura particolarmente complessa specie a causa di fattori esogeni – determinati per lo più da un contesto geopolitico in subbuglio, con la guerra in Ucraina che sembra non conoscere una fine – ci sono alcuni fattori incoraggianti. "I portafogli ordini di molte imprese del territorio sono pieni e l’export del nostro territorio, l’anno scorso, ha segnato un record positivo attestandosi a venti punti percentuali in più rispetto all’anno precedente". Lo dice il vicepresidente di Confindustria Emilia, Gian Luigi Zaina. Industriale, titolare dell’impresa ‘Della Rovere’, Zaina traccia una panoramica nella quale senz’altro permangono elementi di preoccupazione, ma in cui si intravede anche uno spiraglio.

Partiamo dagli aspetti positivi. Qual è lo stato dell’arte dell’industria ferrarese?

"La chiusura dell’anno scorso è stata piuttosto soddisfacente, direi in maniera trasversale. I grandi numeri, come detto, li ha registrati l’export con un balzo di oltre venti punti percentuali rispetto ai valori dell’anno precedente. Questo, chiaramente, è sintomo di grande vitalità da parte del tessuto economico estense. Tra l’altro, anche le proiezioni per il primo semestre di quest’anno, sono positive per il comparto della manifattura. Tante aziende hanno già gli ordinativi a ottimi livelli. Persistono, tuttavia, alcune preoccupazioni determinate per lo più dai riverberi del conflitto in Ucraina e più in generale dalla rideterminazione di assetti geopolitici che stanno, modificando anche alcune dinamiche del mercato".

La guerra in Ucraina ha contribuito ad accentuare le ripercussioni della spirale inflazionistica, il caro energia e la rarefazione sul mercato delle materie prime. Come si presenta la situazione in questo momento?

"Il conflitto innescato nel cuore dell’Europa è un fattore di enorme destabilizzazione e incertezza. Due elementi che minano pesantemente le prospettive degli imprenditori. I mercati hanno movimenti piuttosto imprevedibili e la pianificazione delle attività trova spesso diversi ostacoli. Oltre ad essere continuamente esposta a oscillazioni determinate da fattori terzi".

Senza contare che il fronte ucraino ha contribuito a puntare i riflettori sul problema della supply chain.

"Sì, le catene di approvvigionamento hanno subìto una grande variazione a seguito della guerra. Nelle fasi più acute, in cui le materie prime scarseggiavano oppure erano vendute a prezzi totalmente fuori mercato, siamo arrivati al paradosso che un componente del processo produttivo – magari anche di valore esiguo – bloccasse intere filiere. Prima della guerra in Ucraina la supply chain non costituiva un elemento sul quale interrogarsi. Ora ci si interroga seriamente. Molti imprenditori hanno infatti iniziato un’operazione di diversificazione degli approvvigionamenti".

La spirale inflattiva non sembra diminuire, la presidente della Bce Lagarde ha annunciato un ulteriore rialzo dei tassi (mezzo punto in più) e le imprese spesso si trovano ad avere molte difficoltà nell’accesso al credito. In prospettiva prevede che questo trend possa migliorare?

"Quello dell’accesso al credito è un problema molto serio. Durante la pandemia, il denaro non ‘costava’ nulla. Oggi la situazione è drasticamente mutata generando contraccolpi evidenti sulle aziende. Certo, l’accesso al credito è una minaccia concreta per la stabilità delle nostre imprese ma confido nella capacità di resilienza che hanno saputo dimostrare nel corso degli ultimi cinque anni. Dobbiamo resistere ancora".

Lei prima accennava al problema della rarefazione delle materie prime sul mercato. Oggi la situazione ha raggiunto un equilibrio?

"I prezzi delle materie prime sono comunque alti rispetto alla fase pre-bellica. La fiammata iniziale si è stabilizzata sicuramente mantenendo però valori piuttosto alti. E, va tenuto presente, questo innalzamento dei prezzi incide pesantemente sul margine delle imprese. Ma, oltre a questo, c’è un’altra preoccupazione. Il grosso timore è che le materie prime possano diventare sempre di più oggetto di speculazioni a livello internazionale e che si trasformino in armi di ricatto fra i Paesi. Insomma a instabilità si aggiunge instabilità".

L’energia è al centro dell’agenda politica. Il governo ha lanciato il ‘Piano Mattei’ per stringere rapporti con i partner del Nord Africa nell’ottica della diversificazione degli approvvigionamenti. Le bollette energetiche, per le imprese, sono tornate ad assumere sembianze normali?

"Fortunatamente l’inverno è passato, ma il fatto di pensare, oltre alle filiere, alla diversificazione di approvvigionamento sotto il profilo energetico è più che positivo. Abbiamo fatto, come Paese, indubbi passi avanti in questo frangente e il mio auspicio è che si continui in questa strada che darà ottimi risultati anche in prospettiva. Ora la sfida che davvero il nostro Paese ma anche il nostro territorio deve vincere è quella sulle rinnovabili".

Spesso le imprese lamentano la carenza di manodopera. Come agire per invertire la rotta?

"La mancanza di figure professionali adatte a essere inserite nel mondo del lavoro e delle imprese è un problema che ha proporzioni enormi. Questo, specie per un territorio come il nostro, costituisce un ostacolo enorme in termini di competitività. Nonostante attualmente nel ferrarese ci sia un ottimo livello di occupazione, tante imprese cercano ancora. In questa criticità intervengono almeno due elementi. Il primo è legato al trend demografico: non ci sono giovani a sufficienza da inserire nel mondo del lavoro e che riescano a garantire il turnover. Il secondo è legato all’orientamento: probabilmente, nonostante gli sforzi, anche nell’ambito del percorso formativo non siamo in grado di orientare i ragazzi. C’è bisogno di figure che colgano le nuove opportunità lavorative fornite dalle tecnologie più moderne, così come c’è assoluto bisogno di operai che svolgano le mansioni standard dei cicli produttivi".