È morto Giannino Gagliardi: un grande storico ascolano

Studioso meticoloso e ironico ha pubblicato moltissimo

Una bellissima immagine di Giannino Gagliardi

Una bellissima immagine di Giannino Gagliardi

Ascoli-Piceno, 2 luglio 2015 - Le prime immagini che si sono affacciate alla mia mente, alla notizia della scomparsa del grande storico ascolano Giannino Gagliardi, avvenuta martedì scorso (i funerali questa mattina alle ore 10, nella chiesa di San Pietro Martire): la sua figura non imponente mentre con passo veloce percorre le rue di Ascoli, tenendo in mano una borsa-cartella piena di appunti e di schede, frutto di una giornata trascorsa a studiare le antiche carte. Le sue battute argute, ma bonarie, che lasciavano il segno. E poi la voce: bassa, sommessa, mai sopra le righe. Giannino Gagliardi era nato ad Appignano il 18 dicembre del 1935: dopo gli studi liceali, la laurea in Giurisprudenza. Ha insegnato Lettere e Storia negli Istituti Tecnici di Amandola e di Ascoli e per alcuni anni, subito dopo l’apertura nel 1955 della redazione ascolana de Il Resto del Carlino, ha collaborato come pubblicista con il quotidiano bolognese. Un’esperienza giornalistica che ha continuato dirigendo il giornale delle corse per l’ippodromo di Piane di Montegiorgio e il periodico “Forza Ascoli” durante gli entusiasmanti campionati della società calcistica locale in serie B e in seria A, poi con la pubblicazione di articoli i più vari su tutti i quotidiani locali e l’attività di editore insieme con il figlio Giuseppe. Ma la sua passione era la ricerca storica, iniziata nel 1976, quando portò a compimento per conto della Cassa di Risparmio di Ascoli l’opera rimasta incompiuta di Nunzio Giulio Teodori, intitolata “Duecento anni di vita ascolana attraverso le immagini”.

Aveva una non comune conoscenza dei fatti artistici, che ritroviamo nei volumi dedicati alla Pinacoteca ascolana con nuove attribuzioni di tele e committenze, all’Annunciazione di Carlo Crivelli, al Piviale di papa Niccolò IV e alla Storia della ceramica dal Medioevo alla scuola di Matricardi. E poi la storia. Una vita, la sua, trascorsa nella Biblioteca Comunale e nell’Archivio di Stato: si muoveva tra gli scaffali, i faldoni archivistici e i bastardelli dei notai come fosse tra le mura domestiche. Per questo la sua scomparsa costituisce una grave perdita per gli studi in generale e per la nostra Città. Le sue lunghe e continue ricerche sono confluite nei libri sulla Storia della Cassa di Risparmio di Ascoli e della Camera di Commercio, le Piazze di Ascoli, il Palazzo del Popolo, il Meletti, la Necropoli di Castel Trosino, il Monastero di Valledacqua, il Piceno nel 1841, Ascoli e Provincia nel 1860.61, Reportage da Ascoli Piceno con le citazioni sulla nostra città, dall’antichità all’età contemporanea, di storici, viaggiatori, romanzieri, giornalisti, grandi personalità, spesso scritti in collaborazione con altri studiosi.

Difficile ricordare tutte le sue opere. Da segnalare anche i volumi dedicati alla sua Appignano, a cui era rimasto amorevolmente legato, e alla vicina San Benedetto (La Città delle Palme, Reportage da San Benedetto); straordinarie le raccolte in volume di vecchie cartoline. Un cenno anche alla ristampa delle opere storiche dell’Andreantonelli e del Ciannavei: ristampa è improprio, sono nuovi libri grazie alle ricche note e alle aggiunte del Gagliardi e alla correzione degli errori, e agli studi su Cola dell’Amatrice. Sul Filotesio aveva appena concluso un volume, di cui era particolarmente orgoglioso e che il figlio Giuseppe darà presto alle stampe. Era socio della Deputazione di Storia Patria per le Marche e del Centro Studi “Francesco d’Appignano” ed è stato coordinatore del Comitato in difesa dell’unità della provincia ascolana e presidente dell’Istituto superiore di studi medievali “Cecco d’Ascoli”: durante il suo mandato si ricordano i convegni dedicati ai tre Ordini, Francescano, Domenicano e Agostiniano in Ascoli e quello, importantissimo, del dicembre 2005 su Cecco d’Ascoli, dove finalmente la figura del grande Ascolano si è lasciata alle spalle l’aura pesante di negromante per assumere quella più vera di poeta, di docente all’Università di Bologna e di scienziato. Nel pieno della malattia, con la lucida certezza dell’imminente fine, ha continuato a lavorare con stoica dedizione alla realizzazione di una “Guida di Ascoli”, “L’Acerba di Cecco d’Ascoli” e “Ascoli e la Grande Guerra”, fornendo a tutti l’esempio di quello che dovrebbe essere un autentico studioso. Una vita vissuta bene, la sua: “Dalla natura c’è stata data una vita breve – scrive Cicerone – , ma il ricordo di una vita ben spesa è eterno”.