Bologna, ospedali e asili nido, solo operatori vaccinati. Emilia apripista

La proposta dell’assessore regionale alla Sanità, Venturi. Ipotesi di controlli per medici, tirocinanti e maestre

Sergio Venturi, assessore regionale alla Sanità

Sergio Venturi, assessore regionale alla Sanità

Bologna, 28 ottobre 2017 - Non sei vaccinnato o non sei immune alle principali malattie che mettono a repentaglio le nostre vite? Beh, allora non potrai lavorare in determinati reparti di ospedale. Non potrai nemmeno studiare Medicina. O, allo stesso modo, non potrai stare più in un asilo nido a stretto contatto con i bimbi. Sono tre le campagne d’autunno che l’Emilia-Romagna, capofila nella lotta ai disinformati della sanità e ai signori No Vax, lancia sul minato fronte delle vaccinazioni, obbligatorie e non. “È una questione di civiltà”, sintetizza l’assessore regionale alla salute Sergio Venturi.

Riparte la vostra offensiva contro i medici non vaccinati. Proporrete l’obbligo pena l’inidoneità al servizio?

“Non possiamo obbligare i medici a vaccinarsi, ma le norme sulla sicurezza sul lavoro e delle cure ci portano a un ragionamento: nessuno si dovrebbe ammalare negli ospedali a causa di una potenziale trasmissione che dovrebbe, invece, essere evitabile”.

In un ‘suo’ ospedale, di recente, venti operatori si sono ammalati di pertosse. Nel 2017. Come la mettiamo?

“Ribaltiamo il tema: noi dobbiamo pensare alla salute dei dipendenti degli ospedali e a quella dei nostri assistiti, dunque dobbiamo agire per perseguire questi obiettivi. Stiamo contattando le società scientifiche, gli infettivologi e gli igienisti, ma anche i sindaci per varare una delibera che, da qui a un anno, ci porti a risolvere questo problema”.

Come?

“In caso di nuove assunzioni, se si vorrà lavorare in determinati settori bisognerà essere vaccinati o avere un’immunizzazione attiva; in caso di dipendenti già assunti, con cui dunque abbiamo in essere un rapporto contrattuale, avvieremo verifiche dei medici competenti sugli stessi ambiti. Se si lavora ad esempio nelle terapie intensive, nelle rianimazioni, nel settore dei trapianti, nell’oncologia o nell’ematologia, nella pediatria o nell’ostetricia, bisognerà rispettare certi parametri. Se non si rispettano, cambieremo al professionista reparto di lavoro: ad esempio, un’ostetrica non vaccinata potrà stare sì in un consultorio, ma non in una sala parto”.

Dunque non un obbligo generalizzato?

“No, ma la valutazione caso per caso e la destinazione del professionista in un reparto dove non corra rischi o non li faccia correre agli altri. In molti casi, comunque, non ci troviamo davanti a medici no Vax: si tratta più che altro di pigrizia mentale. In un anno i nostri obiettivi possono essere raggiunti”.

C’è poi il tema degli studenti universitari. Il Piemonte ha aperto una strada con le vaccinazioni obbligatorie a Medicina.

“Ho già parlato con i rettori dell’Emilia-Romagna e sono tutti favorevoli: chi si iscrive a Medicina dovrebbe presentare il libretto vaccinale. D’altronde gli studenti entrano ed escono dai reparti, girano insieme con i medici, raccolgono anamnesi”.

L’altro grande tema è quello degli asili e delle scuole.

“Siamo stati capofila”.

Ora però l’attenzione si sposta dai bimbi e dalle famiglie agli insegnanti. Come la mettiamo?

“Penso ai nidi: l’operatore è come una mamma, dovrebbe essere vaccinato. Dovremo riuscire anche qui a fare un ragionamento parallelo a quello per gli ospedali. Ovvio che rispetto alle aziende sanitarie non abbiamo un potere contrattuale: dunque bisogna contattare i privati e i Comuni da cui dipendono queste strutture. Stiamo ragionando su quale potrebbe essere il migliore strumento legale, ma sarebbe una battaglia di buon senso e pubblica utilità”.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro