Carife, l'attacco di Maiarelli a Bankitalia e ministero

Maiarelli (Fondazione) sull’intervento negato del Fondo interbancario: "Così Tesoro e Bankitalia hanno affossato la Carife"

Il presidente della Fondazione Carife Riccardo Maiarelli

Il presidente della Fondazione Carife Riccardo Maiarelli

Ferrara, 10 marzo 2016 - Maiarelli, sembra che il Tesoro fosse stato avvisato dall’Ue che il Fondo interbancario non sarebbe potuto intervenire e come tale Carife non si poteva salvare. Qual è la sua lettura?

«Come possiamo definirla? Omissione di atti d’ufficio? Tra l’altro, se lo sapeva il ministero significa che lo sapeva anche Bankitalia. Cioè tutti coloro che ci hanno autorizzato a votare la delibera del 30 luglio 2015 sapevano. Alla luce di questo, attribuisco un significato diverso alle parole dell’ex assessore Luigi Marattin...».

A cosa si riferisce?

«Quando, alla fine dello scorso annoi, dichiarò che le responsabilità per la fine della Carife erano tutte degli ex amministratori ferraresi, a domanda sull’intervento del Fondo rispose che quella soluzione ‘non era applicabile’. Io obiettai che ci era stata proposta da ministero e Bankitalia».

Intende dire che già sapeva?

«Intendo dire che chi doveva sapere già sapeva che la soluzione Fondo interbancario era inapplicabile. La lettura politica è che qualcuno, consapevolmente, ci ha consigliato il farmaco scaduto».

Pare però che il Tesoro sperasse di convincere l’Europa del fatto che l’intervento del Fondo interbancario non costituisse un aiuto di Stato...

«Pare. Ma evidentemente non ci sono riusciti».

Il 28 luglio 2015 il Ministero autorizza la Fondazione Carife, allora primo azionista della banca, a votare sì all’ingresso del Fondo. Il 30 si vota in assemblea straordinaria. Ora questa doccia fredda...

«Esatto. Consapevole che il patrimonio della Fondazione era compromesso, allora chiesi al mio organo di vigilanza (il ministero, ndr) quale atteggiamento dovessi assumere e l’organo di vigilanza mi diede l’ok alla soluzione del Fondo interbancario».

Risulta però che in ben tre occasioni, a partire dal 2014, la Commissione Ue avesse intimato il ministero di ‘desistere’ dall’utilizzo del Fondo interbancario.

«Certo, ma noi mica eravamo a conoscenza di questo e loro ci hanno portato a deliberare quello che abbiamo votato. Surreale e imbarazzante. Tra l’altro, dopo il nostro voto, il Fondo deliberò non solo l’aumento di capitale di 300 milioni di euro ma anche i nuovi organi. Evidentemente con il placet del ministero».

Il presidente del Fondo, Salvatore Maccarone, ha definito «errato» l’atteggiamento della Commissione Europea. Lei?

«Condivido in pieno la lettura di Maccarone e la sottoscrivo. Abbiamo sempre sostenuto, da punti di vista diversi, lui da giurista e io da presidente di una Fondazione, che l’intervento del Fitd non era un aiuto di Stato».

Che margini di manovra ci sono a questo punto?

«Ho chiesto un incontro al ministero per avere chiarezza. Da qui al 18 di aprile non so cosa succederà ma il profilo di responsabilità mi sembra aumentare»

A carico a chi?

«Del ministero e di Banca d’Italia che, di fatto, concettualmente, ci hanno mandati falliti. Ci hanno fatto votare un provvedimento in assemblea straordinaria dei soci ben sapendo che non sarebbe passato e poi, dopo quattro mesi di lenta agonia, ci hanno fatto arrivare al fallimento».

Lei ha dichiarato che, alla luce di quello che è emerso, andrebberto anche riviste le responsabilità degli ex amministratori. Cosa intende dire?

«I 31 ex amministratori chiamati in causa hanno sicuramente un po’ di responsabilità, non sono stati immuni da errori. Ma va considerato anche che sono stati particolarmente sfortunati, pensiamo a quello che è successo tra 2008 e 2010 con la crisi dell’edilizia. Il punto, però, è un altro: chi ha trovato quelle sofferenze nel 2009 ci doveva commissariare allora, cioè nel 2009, non farci fare un aumento di capitale da 150 milioni di euro. Per poi darci la mazzata».

Dubbi sul commissariamento?

«Sì in un istituto che aveva ancora 350 milioni di patrimonio».

Patrimonio oggi azzerato e andato in rosso.

«Certo. Oguno tragga le sue conseguenze. Addossare però tutte le colpe a chi ha amministrato non mi pare giusto: diciamo che, al massimo, possiamo identificare un concorso di colpa. Poi stabiliremo le percentuali».