Uccisa da meningite, l’esperto: "Molti sono portatori sani"

La morte di Alessandra Covezzi, stroncata da una forma fulminante della malattia. Il dottor Cosenza: "Ecco i sintomi"

Giuseppe Cosenza, direttore del dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl di Ferrara (foto BusinessPress)

Giuseppe Cosenza, direttore del dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl di Ferrara (foto BusinessPress)

Ferrara, 30 luglio 2016 - Sei ore. Il meningococco C ha ucciso Alessandra Covezzi, 24 anni, di Ferrara, in sei ore. È una tragedia che lascia storditi. Che fa paura, anche. Studentessa universitaria modello, figlia di un alto dirigente della multinazionale Lyondellbasell, Alessandra è morta in un pugno d’ore martedì a Milano, dove viveva e studiava da qualche anno.

Frequentava il biennio di specialistica in Chimica Industriale alla Statale. Lascia il vuoto del suo sorriso dolce, della sua simpatia, della sua intelligenza, Alessandra. La ragazza proprio lo scorso weekend aveva raggiunto la sua famiglia per due giorni al mare, al Lido di Spina, uno dei lidi di Comacchio. Due giorni per staccare dallo studio, per riabbracciare i genitori.

Lunedì il rientro a Milano, e la bella notizia, comunicata immediamente ai genitori: «Ho superato il concorso per il dottorato». Il giorno dopo la tragedia. La corsa della famiglia nel capoluogo lombardo, quando la ragazza ha iniziato a stare male, il ricovero all’ospedale Fatabenefratelli. Niente da fare. La meningite fulminante non ha lasciato scampo.

Immediatamente è scattata la profilassi antibiotica nei confronti di tutte le persone che sono entrate in contatto, negli ultimi dieci giorni, con la 24enne ferrarese. «L’indagine epidemiologica è iniziata martedì, appena siamo stati informati del caso. Abbiamo cercato di verificare con chi la ragazza avesse avuto contatti negli ultimi 10 giorni precedenti. Tanto dura l’incubazione...».

L'ESPERTO - Il dottore Giuseppe Cosenza, direttore del dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl di Ferrara, spiega il protocollo messo in atto. E le caratteristiche di un batterio micidiale: il meningococco C. 

Dottore, in che cosa consiste la profilassi? Quante persone avete trattato a Ferrara?

«Si tratta di una profilassi antibiotica, e dura qualche giorno. A Ferrara ha riguardato solo una persona venuta in contatto con la ragazza. Molto più impegnativa a Milano, con una sessantina di persone trattate. Anche la famiglia della giovane è stata sottoposta a profilassi lì».

Come si trasmette il batterio?

«In generale colonizza la parte rinofaringea, quindi naso e gola. Il problema grosso sono i portatori sani, che non manifestano la malattia, ma possono portarla, farsi veicoli del batterio. Fortunatamente non sono tanti i casi rispetto ai portatori sani di meningococco, il 10% della popolazione, il 25% dei giovani adulti. Detto questo, è molto difficile essere contagiati».

Per quale motivo?

«La trasmissione avviene per via aerea, ma non è come un’influenza. Il meningococco all’aria sopravvive pochissimo. Ha una scarsa resistenza agli agenti ambientali, come la luce, e ai disinfettanti. Insomma, è un batterio molto debole ma che, se preso, può provocare tragedie come questa. Solo chi ha avuto strettissimi contatti rischia il contagio. Scambio di saliva, starnuti, conversazioni ravvicinate: questo intendo».

Quali sono i sintomi che devono mettere in allerta?

«Purtroppo inizia sempre con sintomi non specifici: febbre alta, mal di testa, rigidità nucale. Difficile pensare subito alla meningite. Progressivamente la persona colpita dal batterio entra in coma».

La tempestività nella diagnosi, insomma, è fondamentale...

«Esatto, perché con gli antibiotici è possibile bloccare il meningococco. Nel caso della 24enne ferrarese, purtroppo, si è trattato di un batterio molto aggressivo».

La profilassi mette al sicuro chi è entrato in contatto con una persona contagiata?

«Sì, diciamo che ha un’efficacia molto alta».

Dopo il ‘focolaio’ di qualche mese fa in Toscana in molti si sono vaccinati...

«Sì, esatto. Quello era un meningococco B, e il vaccino è di recente introduzione: a breve dovrebbe essere reso obbligatori nella nostra regione per alcune classi di pazienti. Negli ultimi anni c’è una quota crescente di menigococchi di tipo B, circa il 69% dei casi. Quello per il tipo C è un vaccino leggermente più ‘vecchio’. Il consiglio è di vaccinarsi, a tutte le età. Anche se questo batterio predilige organismi giovani».