Castel San Pietro, "Dopo 3 anni, la cessione delle Terme è ancora lontana"

Il direttore sanitario degli stabilimenti smentisce che siano vicini gli accordi di cessione con il gruppo austriaco

Attilio Menconi Orsini, direttore sanitario delle Terme di Castel San Pietro: vorrebbe lasciare per limiti di età

Attilio Menconi Orsini, direttore sanitario delle Terme di Castel San Pietro: vorrebbe lasciare per limiti di età

Castel San Pietro, 6 maggio 2017 - «Le trattative di cessione sono ferme, non sono fiducioso». Sono queste le uniche parole che il Direttore Sanitario delle Terme di Castel San Pietro Attilio Menconi Orsini spende sull’ormai infinita telenovela della cessione delle quote dello stabilimento alla cordata austriaca, una trattativa che, ricorda Orsini, «è partita tre anni fa». Tre anni di continui rinvii, di avvicinamenti e riallontanamenti, di viaggi a Castel San Pietro in programma per chiudere le trattative promessi ma mai concretizzatisi. Per questo il Direttore Orsini ha poca voglia di spendere parole sull’argomento, anche perché, dice, «lo stabilimento funziona e anche molto bene, parliamo di questo», chiede.

E non importa ricordargli come lo stesso sindaco Fausto Tinti in diverse uscite pubbliche abbia comunicato come «imminente» la conclusione positiva della trattativa e il conseguente «rilancio della struttura», Orsini glissa, e glissa forse anche perché, giura, «non c’è nulla da rilanciare, i bilanci parlano chiaro, e dicono che questa struttura non soltanto funziona, ma funziona meglio di cinque anni fa». E allora spazio ai numeri, che Orsini snocciola con orgoglio. «Il fatturato è stato di 592 mila euro, mentre nel 2012 era quasi la metà, l’utile prima delle tasse è di 135 mila euro, e abbiamo ‘girato’ in riserve e ammortamenti circa 500 mila euro.

Lo stabilimento termale di Castel San Pietro non è uno stabilimento in sofferenza, il contrario». E questo è merito, assicura Orsini, anche «degli investimenti che abbiamo sempre continuato ad operare, anche recentemente. Un esempio? L’anno scorso abbiamo speso 90 mila euro in energia elettrica, l’anno prima ne spendevamo circa 200 mila, e quest’anno dovremmo scendere ulteriormente toccando quota 80 mila euro. Tutto questo è stato possibile perché abbiamo fatto realizzare un efficiente impianto di cogenerazione».

E non è tutto, «continuiamo ad investire anche sulla ricerca scientifica, abbiamo commissionato proprio poco tempo fa un nuovo studio alla onlus che fa ricerca veterinaria ad Ozzano dell’Emilia, una realtà che lavora splendidamente». Porta chiusa, quindi, a possibili nuovi acquirenti? «Assolutamente no, anzi. Se ci sono progetti seri, e soprattutto se c’è una reale volontà di arrivare ad una conclusione positiva delle trattative in tempi brevi, le mie azioni le metto a disposizione, e non è un mistero che le ragioni siano esclusivamente anagrafiche». Questo l’identikit che traccia Orsini dell’acquirente ideale, anche se, confessa, «qualcuno si è fatto avanti in questi anni, gli interessamenti sono stati più di uno». Peccato che in piedi ci fosse già una trattativa, quella col gruppo austriaco, che pareva risolta in tre mesi e che invece sembra (inutilmente) durata più di tre anni.