Cpl Concordia, Casari: "Vittima di una misura ingiusta"

Scatta il maxisequestro di beni. Piccolo lo inguaia: "Sapeva degli appalti truccati"

Cpl Concordia

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Modena, 7 luglio 2015 - Un uomo «provato»: è apparso così ai suoi avvocati Roberto Casari, ex presidente della Cpl Concordia finito di nuovo in manette per i presunti legami con la camorra nell’opera di metanizzazione fatta nell’agro aversano. «Il nostro assistito sta come può stare chi, per la seconda volta in pochi mesi, è destinatario di una misura cautelare che non ritiene giusta». I legali Luigi Sena e Luigi Chiappero di Modena lo hanno incontrato ieri mattina nel carcere di Trento: durante il colloquio, durato un paio d’ore, hanno fissato la linea difensiva dalle pesanti accuse formulate dai magistrati della Dda di Napoli e per le quali il giudice Federica Colucci ha disposto la custodia cautelare in carcere. Stamattina alle 10.30 Casari sarà interrogato in carcere dal gip di Trento Francesco Forlenza.

Intanto il Gico della Finanza e i Ros dei carabinieri hanno messo i sigilli a cento immobili e società: un patrimonio imponente, del valore di 53 milioni, secondo gli inquirenti accumulato con l’appoggio del clan dei Casalesi (fazioni Zagaria e Schiavone). Questi beni erano nella disponibilità di Antonio Piccolo, che gli inquirenti ritengono l’uomo-cerniera tra la Cpl e il boss Michele Zagaria, e di Claudio Schiavone. Entrambi sono già in carcere. Le loro aziende, per l’accusa riconducili al clan, hanno ricevuto in subappalto lavori per la metanizzazione nei sette comuni del Casertano dalla Clp Concordia, su indicazione di alcuni sindaci. La polizia giudiziaria, su disposizione del gip Colucci, ha messo i sigilli a due ville, quattordici appartamenti, quattro terreni, un ufficio, due box e tre società (Coigas srl, Agm costruzioni spa in liquidazione, Cogepi srl) del settore edilizio riconducibili a Piccolo, 49 anni, e ai suoi familiari (8 milioni di euro).

A Schiavone, 55 anni, invece, sono stati sequestrati 88 immobili, due società capitali, un’ impresa individuale, tre quote societarie, due auto e un motociclo, intestati anche a prestanome, per 45 milioni. Piccolo, durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, ha negato di essere uomo di fiducia di Zagaria e haconfermato il coinvolgimento dell’ex parlamentare Lorenzo Diana, ex componente della commissione Antimafia, e anche di Casari. Questo, in sostanza, il senso delle sue risposte: «Entrambi sapevano degli appalti truccati».