Una mensa per i poveri ‘firmata’ Bottura

"Entro l’anno aprirò il refettorio anche nella mia città. E tutti gli chef cucineranno per i poveri"

Lo chef Massimo Bottura

Lo chef Massimo Bottura

Modena, 19 febbraio 2016 - ‘Non di solo pane vive l’uomo’. Poeta e visionario, lo star-chef Massimo Bottura ama declamare questa frase del Vangelo per far comprendere la sua idea che amalgama alta cucina, cultura e solidarietà. Una idea che ha concretizzato nel Refettorio Ambrosiano ai tempi dell’Expo di Milano e che ora è pronto a esportare in tutto il mondo. Bologna, Torino, Rio de Janeiro per iniziare. Ma anche nella ‘sua’ Modena, dove entro l’anno aprirà uno spazio di eccellenza improntato all’educazione e al rispetto verso il cibo. Cibo per l’anima.

Bottura, da dove nasce questo progetto?

«Durante l’Expo abbiamo sperimentato con successo il Refettorio Ambrosiano dove ogni giorno sono state sfamate oltre cento persone indigenti. I cuochi hanno messo a disposizione la loro conoscenza per rendere visibile l’invisibile a tutti. E cioè che con briciole di pane, una banana considerata troppo matura, o un pomodoro non perfetto si possono trasmettere emozioni. Tutto parte da lì. Ma siamo solo all’inizio: il progetto ‘Food for soul’ andrà per tutto il mondo».

E lei sarà il primo promotore?

«L’idea del Refettorio Ambrosiano è stata rivoluzionaria e così utilizziamo la mia immagine per ricavare donazioni destinate ad aprire progetti analoghi in tante altre città».

Il 2016 è appena iniziato ma le ha già portato importanti riconoscimenti internazionali.

«È vero. Ma è anche l’anno in cui sento si deve continuare a restituire sul territorio coinvolgendo tutti coloro che condividono con noi una serie di importanti valori».

La vostra battaglia è allo spreco alimentare?

«Recuperare non è degradante: sono stati 40 anni di consumismo a renderlo tale. Ma la parola latina ‘recuperare’ era analoga a ‘riconquistare’: un atto di volontà e forza. Buttare è arrendersi. Significa non essere in armonia con il mondo, non parlare la sua lingua».

Emerge con forza il tema della povertà.

«Si tratta di una piaga che affligge tante famiglie. Con il mio progetto si può fare cultura e insegnare come recuperare il cibo in scadenza o gli alimenti che solitamente vengono buttati».

Dove verrà portata questa esperienza?

«A Torino è già partito il cantiere per la costruzione di uno spazio. Da aprile all’Antoniano di Bologna cucineranno i cuochi di ‘Chef to Chef’, l’associazione che promuove a livello internazionale la gastronomia dell’Emilia Romagna. Il 4 agosto a Rio de Janeiro apre un refettorio in occasione delle Olimpiadi: vi lavoreranno i maggiori chef del sudamerica».

E a Modena?

«Nella mia città stiamo ancora valutando dove collocarci. Ma entro l’anno certamente partiremo».

Ha già visionato alcuni spazi?

«Certo. Ma dobbiamo fare le valutazioni finali insieme al sindaco Muzzarelli, a Francesca Maletti e alla Diocesi».

Perchè proprio Modena?

«Dopo l’esperienza milanese sono stato contattato da tanti cittadini che mi hanno sollecitato per far partire l’esperienza anche qui. Non potevo certo tirarmi indietro. Vi lavoreranno i cuochi del consorzio ‘Modena a tavola’».

Quale è l’idea al centro?

«L’etica affiancata dall’estetica. Il nostro è un modo di aiutare le anime fragili, in un luogo di bellezza e condivisione».

E in questo gli chef avranno un ruolo cruciale...

«Penso che possano essere a metà tra chi ha tutto e chi non ha niente. Ma di fondamentale aiuto saranno tutti coloro che vorranno unirsi a noi».

Ha già raccolto adesioni dal territorio?

«Numerose. Ne aspetto però ancora tante altre».

Ci riveli qualche nome in anteprima.

«Maserati e Parmigiano Reggiano. Ma il mio sogno è di avere al nostro fianco anche tutti gli artisti modenesi».